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I Libri Coranici
Arriviamo a Siwa con le prime luci dell’alba, il villaggio è piccolo e silenzioso, spazzato dal vento che alza la polvere sabbiosa. Ci piazziamo in un fonduk vicino alla piazza del paese e poi si va a fare un giretto dentro Shali, la leggendaria città fortezza costruita di sale. Per la via incontriamo le prime donne con il tipico abbigliamento Siwano, sono completamente velate e coperte con un grande scialle di colore tra l’azzurro e la cenere. La fortezza è imponente e decadente allo stesso tempo, le sue forme sinuose e crepate sembrano dover cedere da un momento all’altro, queste mura sono state costruite più di novecento anni fa dai Siwani con blocchi di sale rivestiti di argilla, per difendersi dalle incursioni delle tribù arabe. Il suo aspetto ricorda un grande castello di sabbia in disfacimento, ma a quanto pare il suo degrado è recente ed è dovuto alle violente e anomale piogge che per tre giorni colpirono questa zona nel 1926. È affascinante camminare fra queste mura, la cinta esterna è ancora abitata ma entrando dentro è quasi tutto abbandonato, fa impressione vedere i ruderi di queste case di sale che si sono sciolte e risolidificate in forme impossibili che sembrano sfidare e sconfiggere le leggi della fisica. 
È una giornata di vento che diventa sempre più forte avvolgendo tutto in una grande nuvola di sabbia, mentre si gironzola incontriamo un francese che ha deciso di vivere qui e sta restaurando una grande casa, ci parla di un artista locale che lavora con i bimbi e di Andrea di Firenze un italiano che vive a Siwa sei mesi l’anno. Saliamo fino alla parte più alta della fortezza  e poi attraversando un’antica necropoli, si arriva sulla sommità della collinetta alle spalle di Shali da cui nonostante la tempesta di sabbia si riesce a scorgere il lago salato e si intuisce la grande estensione dei palmeti. Incuriositi cerchiamo e troviamo il nostro compatriota, tutti sembrano conoscerlo e in un paio di passaparola ci troviamo nella sua abitazione, un’antica casa nel villaggio vecchio che sta restaurando con grande gusto e rispetto delle tecniche costruttive di Siwa. I ragazzi che lavorano nella casa del fiorentino ci offrono un the preparato alla maniera degli Amazigh, scuro e potente quasi denso, sono tutti Siwani meno uno che è egiziano e ci tengono a marcare la differenza, lui dicono ridendo, a Siwa c’ha solo la bicicletta, un po’ poco per contare qualcosa qui.
In serata si va a  mangiare dal beduino, un posto dove si ferma la gente del posto, ci si leva le scarpe e si siede in terra davanti ai tavolini bassi e si mangia quello che c’è, zuppa, riso e pollo. Quello che sembra il proprietario è un ragazzo giovane, con una barba da fervente fedele islamico e infatti ci regala una scorta di libri coranici in italiano.
 

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