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Cap Blanc

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L`uccello misterioso

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La sagoma de La Galite

 

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Si  Parte
Finalmente è il grande giorno, è stato un parto complicato ma questa volta dovremmo esserci. Da quando Raffaele Sandolo mi ha parlato de La Galite e dei PonzoGalitesi, visitare quest’Isola è diventato un obbiettivo, quasi un’ossesione. La storia della comunità anarchica di quest’Isola mi ha stregato e il legame genetico che probabilmente ho con alcuni di questi coloni libertari mi ha spinto a ricercarne le tracce, il viaggio è stato condizionato da questa voglia, ma la costanza è stata premiata, ormai ci siamo. E’ una bella giornata, mentre si caricano viveri e bagagli a bordo viene fuori anche il vero motivo dei “bollettini personalizzati” di Kaled, stava aspettando un amico con un gommone da portarsi dietro per pescare a Jalta (cosi’ si chiama La Galite in Tunisia), si carica tanto ghiaccio a bordo, evidentemente hanno intenzione di pescare tanto perché riempiono due ghiacciaie, e anche diverse casse di birra, mi sa che in mare è tutto un altro islam, poi finalmente verso le due si parte. Lasciamo Bizerte uscendo dalla stretta bocca del porto, siamo in sei sul Bichi, che è una barca di legno molto marina (pesante e con un bel pescaggio) attrezzata principalmente per portare i sub a fare immersioni: Kaled che è l’armatore faccendiere dal capello biondo e lo sguardo sfuggente, Mohammed il comandante, un silenzioso lupo di mare secco secco con il viso tutto grinzo e la sigaretta sempre accesa incastrata in una smorfia di sorriso alla braccio di ferro, Il comandante è l’unico che sta nella piccola cabina e timona stando seduto a gambe incrociate con lo sguardo fisso sulla prora, poi c’è Fathi il figlio di Mohammed ventenne marinaio esperto di pesca alla traina e istruttore di Kamel l’amico con il gommone, un Francotunisino con il pallino della pesca e poi noi. Doppiato Cap Blanc cominciamo ad allontanarci dalla costa ammirando le grandi dune di sabbia bianca che disegnano la costa tra Bizerte e Cap Serrat e gli isolotti dei Fratelli. Il vento in poppa ci agevola nella navigazione, man mano che ci allarghiamo aumentano le berte che volano eleganti intorno alla barca sfiorando il pelo dell’acqua, arriva anche  un misterioso uccello bianco con il collo giallo, è molto più grande e massiccio di una berta e pesca tuffandosi  in verticale da una ventina di metri entrando in mare violentemente e facendo dei grandi schizzi. Mentre la costa africana scompare si comincia a vedere La Galite che nella sagoma ricorda veramente Ponza, poi si iniziano a vedere anche gli isolotti di Galitone e i Cani. Il sole tramonta che siamo ancora lontani, arriviamo che è notte,  l’isola ora ci appare come una piramide nera illuminata dalla luna quasi  piena, si vedono alcune luci in alto e anche nel piccolo approdo, il comandante conversa alla radio e poi ci comunica che stanotte si dorme a rada,  si balla abbastanza perché c’è un po’ di mare lungo ma il piccolo approdo dell’Isola è occupato dalle barche dei corallari che non gradiscono occhi indiscreti (La Galite si dice che venga usata anche come scalo intermedio per portare clandestini Tunisini e Algerini verso le coste Sarde) cosi’ almeno mi sembra di capire dalle comunicazioni via radio, sicuramente è una situazione assai ambigua per un parco naturale. E’ comunque una situazione molto bella che i movimenti intorno al porticciolo rendono ancora più intrigante,  mangiamo maccaroni alla tunisina concentrato e tonno, sotto il fascio potete della luna che nasconde la maggior parte delle stelle ma non il faro di Cap Serrat, unico segnale visibile del continente Africano.