lattonieri
Colazione con due ragazzi tedeschi, che si stanno spostando verso sud, parlando di Marocco e Elba. Poi inizio a girare, è presto, la Grande Djemaa El Fna è in preparazione. Gli incantatori di serpenti iniziano il loro suono ossessivo ed ipnotico, un ritmo sempre uguale che mi risulta famigliare. Faccio alcune foto a cobra e vipere e assisto all’orribile spettacolo della “danza dei mutilati”. Dei ragazzi che dalle sedie a rotelle vengono distesi sulla piazza e poi, apparentemente sotto l’effetto ipnotico della musica, iniziano a ballare saltando in maniera convulsa sui monconi delle gambe fra urla ed espressioni di dolore, vergognoso.Mentre mi avvio verso i souk riconosco il ritmo ossessivo degli incantatori, è lo stesso della betoniera gialla grande col cuscinetto sballato che andava con la 380. In effetti di viaggi co' la mente davanti a quell’impastatrice me ne so fatti tanti, solo che pensavo che fosse perché avevo tanta fantasia, invece era tutto merito di un cuscinetto sballato.I souk sono un dedalo apparentemente infinito di stretti vicoli pieni di ogni tipo di merce La prima parte è un gran mercato per i turisti, ma se si entra nel retro, dove ci sono le botteghe artigiane, è bellissimo. Ci sono decine di stanzini dove lavorano centinaia di persone di tutte le età, dai bimbi di 4/5 anni alle persone anziane, spesso in serie, stile catena di montaggio, è bello vedere le botteghe dei fabbri dove i bimbi tagliano e piegano a 90 gradi e i “maestri” materializzano complicati riccioli fra la forgia e l’incudine. Cosi come gli artigiani della pelle che tagliano e cuciono pelli di pecora e capra.
Ma i più spettacolari e affascinanti per me sono i lattonieri, da un pezzo di latta vengono fuori lampadari ed alambicchi complicatissimi, con lo stagno che a me mi ci voleva per mette tre resistenze e due condensatori su un circuito stampato, qui ci fanno un lampadario con centinaia di saldature tutte perfette, usano saldatori a gas con la punta grande come quelli che usavano gli idraulici qualche tempo fa, unendo “sviluppi” che sono veri e propri ricami, sfruttano e riciclano tutto, praticamente non c’è scarto, il vero spettacolo è qui fra gli artigiani silenziosi.
Rientrando verso la piazza incontro un negozio di musica, il gestore mi mostra orgoglioso le foto scattate recentemente a Robert Plant dei Led Zeppelin nel suo negozio mentre sta acquistando un “Sientir”, un basso a tre corde con la cassa armonica in pelle di cammello. Marrakeck è una grassa puttana berbera puzzolente di sudore e profumata d’ambra, più che una città è un accampamento in muratura, un luogo che va visitato trasversalmente per spazi temporali. La città Occidentale che sembra nel futuro rispetto al resto, con l’aeroporto e i bus “cabrio “ per i city tour. Quella Berbera gran e petit taxi, carrozze per turisti e gran bazzar e il Villaggio del “passato” che sembra un formicaio con i retrobottega e tanti carretti ed asini che portano spezie e merci varie dalla campagna e dalle montagne.
Sono nuovamente nella grande Djemaa el Fna affolatissima e colorata, i più tristi sono i venditori d'acqua,  ignorati da tutti nonostante i costumi sgargianti e i più patetici i plastificati fricchettoni italiani vestiti all’indiana e a caccia di kif. C’è un grande assembramento rumoroso vicino al centro della piazza, al centro del cerchio di gente un gigantesco stregone Africano dagli occhi di sangue, decanta le lodi di una “radica viagra” con un vocione da baritono ed una con una mimica esplicita che cattura magneticamente il suo pubblico fatto principalmente da sognanti berberi sdentati. Mi allontano dalla piazza in cerca di silenzio spostandomi verso la Koutoubia, la grande Moschea il cui minareto alto settanta metri domina tutta la città, di fianco all’edificio ci sono dei giardini molto belli ricchi di agrumi e di roseti, luogo ideale per leggere. L'isola è lontana credo sempre di più nella profondità della lentezza e nella bellezza del’approfondire.
Rientro all’Ali e vengo contattato da tre tipi che si presentano come guide di montagna, hanno saputo che cercavo le carte dei sentieri e mi offrono la loro collaborazione, gli spiego da dove voglio passare per raggiungere il Mediterraneo, sono perplessi, secondo loro non l’ha mai fatto nessuno, poi viene fuori una relazione di un francese che ha fatto qualcosa di simile, però in diverse tappe su più anni. Mi spiegano il loro lavoro, il capo Azdour Lahcen mi invita a cena a casa sua a Marrakhech. Lui è di Imlil, il villaggio di montagna da cui si parte per raggiungere il Monte Toubcal, la vetta dell’Atlante. Siccome ha sette figli che vanno a scuola ha deciso di trasferirsi in città, ma domani mi ospiterà nella sua casa di montagna ad Imlil nel cuore del Alto Atlante. Ci spostiamo in periferia e ci fermiamo fra un anonima serie di palazzine di tre piani.
Vengo fatto accomodare nella sala con gli uomini e i bimbi quattro maschi e tre femmine, per un attimo vedo la signora Lanhcen appena rientrata dall’ hamman. Sono in compagnia di tante persone fra cui il vecchio padre del capofamiglia che mi dicono abbia 100 anni, ma le donne sono in un'altra stanza e l’argomento è tabù, le risposte sono sempre evasive, si parla di sentieri e percorsi con entusiasmo. Mi viene la voglia di fare un trekking con loro invitando degli amici che mi avevano chiesto se gli organizzavo un trekking in Marocco, sono affascinati dal mio progetto di attraversare l’Atlante, ad un certo punto arriva un ragazzo con stampate alcune pagine di Elbacomunico, e alcune mail di richieste di gite provenienti dall’Europa, sembra di essere al Viottolo.
Arriva un gran Tajine, mi vengono portate le posate ma le rifiuto e mangio con le mani insieme agli altri. Dopo un primo momento contratto, la cena va avanti tranquilla fra mille domande, alla fine ci diamo appuntamento per domattina alle 8 all’ Ali.