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Capo Africa

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Il Faro

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La Lanterna di Capo Africa

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Le Saline

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Il faro di Capo Africa
Il Ramadan stravolge i ritmi naturali, di notte si mangia e si va in giro e all’alba dopo un’abbondante colazione si va a dormire. È una mattina silenziosa e ovattata Mahdia dorme ancora dopo la prima notte di ramadan e i bei vicoli di ciottoli bianchi sono tutti per noi. Il silenzio è totale tanto che si sente il rumore dei passi, usciamo dalla medina e andiamo verso il porto peschereccio, qui anche se pigra c’è un po’ di attività, ci sono le grandi paranze e i motopesca costieri che rientrano dopo aver salpato i tramagli, un giro fra i cumuli di reti e poi ritorniamo dentro le mura antiche.
La città fortificata fu fondata nel 916 dal capostipite della dinastia Fatimida Obeid Allah, più conosciuto come El Mahdi che fece fortificare l’intero promontorio dividendolo da terra con un impomente muro largo oltre dieci metri, che chiudeva il punto più stretto della penisola per prevenire gli attacchi da terra (lo stesso concetto dei bastioni del fronte d’attacco della fortezza di Cosmopoli) di questa parte delle fortezze fatimide oggi è rimasta solo la grande porta fortificata di  Skifa el Kahla che ricorda la Porta a Mare ferrajese, ma con un tunnel lungo una cinquantina di metri.
Facciamo il giro del promontorio partendo dal lato nord e girando in senso orario, c’è una calma surreale, è patana piena il mare è immobile e tutto si confonde in un mellifluo vapore leggero e impalpabile. Lentamente la medina comincia ad animarsi bimbi e ragazzi scavalcano la stradina e entrano in acqua cercando polpi e favolli fra gli scogli armati di ferri uncinati. Il fondale è ciottoloso e l’acqua trasparente e i tanti guzzi colorati si specchiano nel mare immobile, nella lastra liquida e ferma si riflettono anche le case che adornano il bordo esterno della medina, sono bianche e basse e ricordano quelle di Ponza, qualcuno cala i tramagli osservato dai gabbiani che pigramente aspettano il loro turno. Fra il mare e la medina i resti delle antiche fotificazioni difensive.
Camminiamo verso Capo Africa, nel mare piatto all’improviso un gruppo di delfini inizia a saltare intorno ad un tramaglio, sono tursiopi gli stessi grandi delfini visti tante volte intorno all’Elba e a Pianosa. Gli splendidi giocolieri del mare attirano l’attenzione ammirata dei pochi presenti, tutti felici dello spettacolo meno il pescatore che ha calato il tramaglio che dal guzzo cerca invano di scacciarli sbattendo i remi in mare.
Un arco isolato che si apre sul mare nel punto più estremo indica che siamo arrivati al leggendario  Capo Africa, un tuffo è d’obbligo queste rocce sono uno dei confini simbolo del pianeta, è un mare  bello e familiare completamente diverso da quello di Kerkennah, dominato dal blu e adornato da  nuvole di castagnole.
Circondato dalle bianche tombe del grande cimitero mussulmano, sopra di noi su di un piccolo rilievo il faro domina la scena, entriamo nella struttura militare e il guardiano ci concede di salire dentro la struttura raccomandandomi solo di richiudere l’usci quanto riscendo.
La vista è superba si domina tutta la penisola, davanti a noi nascosta dalla foschie c’è Lampedusa,
l’Italia è vicinissima poche decine di miglia, è un grande privilegio essere in cima a questo mitico faro, ma il privilegio vero è questa dimensione di viaggio senza scadenze, me lo sento grande il vanto di prendermi tutto il tempo che voglio osservando un gruppettino di turisti arrivato con un pulmino nei pressi del Capo, fanno una sosta veloce di cinque minuti, tre minuti ad ascoltare la guida due per fare le foto e poi ripartono alla volta del forte. I turisti non alloggiano dentro Mahdia ma a pochi chilometri da qui, lungo la sabbiosa costa nord dove hanno costruito la zona turistica, un sistema che separa oggi i complessi turistici come in passato la ville nouvelle costruita esterna alla medina, una divisione netta dalla realtà locale, un viaggiare molto televisivo (filtrato) lontano dal quotidiano reale, dove si amplificano le distanze e le paure e il guardiano gentile che senza conoscermi mi ha regalato il privilegio di questa superba visione  magari viene visto come un pericoloso terrorista solo perché ha un camicione bianco e la barba lunga.
 Passato il Capo, nella scogliera scalpellato nella roccia il porto antico, scendiamo attraversando il cimitero e ritorniamo sulla costa, ci sono  parcheggiate delle vespe con gli adesivi e la marmitta   polini che fanno tanto anni ottanta.
Il riparo è scavato  nelle rocce assai simili a quelle dei conglomerati conchigliferi di Pianosa, è un rettangolo con due ingressi e oggi ospita solo le piccole barche di legno dei pescatori, intorno scalpellate nella roccia tenera ci sono le vasche delle saline ancora ben conservate perché usate fino a pochi anni fa, che lasciano ben immaginare come dovevano essere le saline della costa meridionale dell’isola piatta dell’arcipelago toscano. La costa è rocciosa e ricca di grotte e piccoli faraglioni, in alto la fortezza di Borj el Kebir costruito nel XVI nel punto più alto della penisola sui ruderi di una preesistente struttura fatimida sovrasta tutto, è ben conservata e i cannoni che spuntano dai bastioni la rendono molto scenografica, davanti fra i cardi e l’erba secca cannoni e colonne antiche molte delle quali sono di granito simili anche nella grana a quelle che si trovano fra Cavoli e Moncione, chissà quale è la loro origine, ora giacciono abbandonate  nell’indifferenza ma chissà quale storia nascondono. Salgo su un rudere per fare una foto e trovo un paio di persone che pennicano, questo è uno degli aspetti più ganzi del ramadan, nei punti più inaspettati trovi gente che dorme, appena c’è una macchia di scuro (ombra) c’è uno che dorme.
Incrocio un apino che porta due turisti americani, sono inconfondibili biancovestiti, unti più di una teglia pe’ la schiaccia per paura del sole, il sorriso idiota e la faccia schifata che gli occhiali a specchio non riesce a nascondere, non lo so perché ma mi verebbe di prendeli a sassate.
È già pomeriggio quando finito il giro ci ritroviamo a Skifa el Kalha, recuperiamo gli zaini e si va alla stazione dei louage, si parte per la prima tratta, destinazione  Sousse, poi un veloce cambio di louage e via per Nabel attraversando una campagna arida ma ricca di olivi alle spalle del golfo di Hammamet; e poi un'altra coincidenza e si riparte subito per Kelibia percorrendo una sdrada lungocosta che fiancheggia la grande laguna di Korba dove ci sono già tanti fenicotteri rosa.
Arrivati attraversiamo la medina composta di case tradizionali ma con i vicoli sabbiosi molto larghi, in alcuni dei quali entrano addirittura le macchine e ci piazziamo in un piccolo alberghetto sul limite della città vecchia. Il cielo si fa scuro e finalmente la tanto desiderata pioggia che ha però un effetto devastante sui motorini e sui loro conducenti che cascano a raffica sul viscido delle prime gocce sparpagliando cibo e vettovaglie per la via.
Il muezzin avverte tutti che il secono giorno di ramadan è finito e tutti vanno a mangiare, anche noi.
C’è aria di festa nel centro di Kelibia con tutte le attività aperte e i cafè stracolmi di gente, entriamo all’Arabesque e veniamo subito avvicinati da un italiano, si chiama Claudio e vive qui da otto anni è il proprietario di questo locale, ha una gran voglia di parlare e ci racconta diverse cose interessanti, è  un milanese e si atteggia un po’ alla Lorence d’Arabia, dice “gli arabi bisogna cercare di amarli senza smettere mai di disprezzarli” Fa un’analisi sprezzante e distaccata ma ricca di osservazioni interessanti, si parla di scuola, corano, ramadan, donne, prostituzione e fughe di clandestini verso l’Italia. Clima eccellente, ritmo lento e la possibilità di vivere con un tenore da pascià con una rendita che in Italia ti permetterebbe a malapena di vivere, le motivazioni della sua scelta di vita.
Il tempo vola e le tre arrivano in un attimo, anche perché è pieno di gente, il ramadam è un rito ma anche una festa e ha anche un forte aspetto commerciale, per certi versi ricorda il nostro natale. Prima di andare a dormire ci compriamo un po’ di frutta  perché domani sarà tutto chiuso almeno fino a mezzogiorno.