colline

agata

fioritura

Vista

iguana

colori

papaveri

frutteto

Lasciamo il villaggio all’arrivo del sole e iniziamo a salire verso la montagna di Aouli, il massiccio principale e preceduto da una serie di piccole colline di roccia verde, ci sono tanti affioramenti di minerali, Malachite, Azzurrite, Agata, Quarzo e qualche cespuglio di ginestra. Il massiccio ha rocce simili alla Cattedral, si sale ripidamente e in breve tempo siamo sotto una parete verticale che precede la vetta, nelle fenditure ci sono numerosi nidi fra cui uno di falco pellegrino. Il viottolino friabile che porta sotto la parete nursery è puntellato di piccoli papaveri viola, fra le rocce c’è una fenditura che porta sulla vetta, superiamo il passaggio impegnativo e poi un tratto affacciato nel vuoto reso più stabile dalle “corde contorte” dei cespugli di rosmarino e finalmente la vetta che in realtà è un altopiano che si tronca improvvisamente verso il fiume. Dalla “spianata” la vista è favolosa, sotto di noi l’oasi e il villaggio, a est la stretta e profonda gola rossa che scompare serpeggiando verso il deserto, mentre a ovest lo sguardo si perde nelle vette innevate della catena dell’Ayachi dopo aver incrociato le miniere di Aouli, Mibladen e il lontano abitato di Midelt, più a nord il sole si specchia nell’ arido e metallico deserto di piombo che attraverseremo domani, poi piccole montagne colorate e oltre, confuse nella foschia, le vette del medio Atlas. Siamo avvolti dal silenzio c’è solo il fruscio del vento che muove i fienelli, fra le rocce scorgo un grosso rettile a metà strada fra una lucertola e un iguana che si fa fotografare tranquillamente. Attraversiamo un tratto di altopiano e poi iniziamo a scendere un viottolino seguendo le tracce delle capre che stanno pascolando più in basso custodite da un pastore che ci tiene sott’occhio. E’un pastore nomade che si sta spostando con il gregge, mi offre l’acqua e mi accompagna per un tratto indicandomi una via altrimenti invisibile che conduce a una fontana scura circondata da rosmarino, che sbuca improvvisa nella distesa di roccia, sembra di essere nella canzone del servo pastore, come se De André sia passato da qui scendendo dal Supramonte.
Nel terreno spunta tanta Agata e grandi blocchi scuri di rocce vulcaniche apparentemente identiche a quelle dell’Etna e poi grandi accumuli multicolori di quarzo. Riattraversiamo le colline roccia verde e poi si entra nell’oasi. E’ un’oasi con forme e profumi familiari, ci sono tanti albicocchi, peschi e olivi e campi di grano arrossiti dai papaveri, sotto i frutti c’è un complesso reticolo di canali di irrigazione e un’infinità di piccole chiuse per regimarne le acque. Le piante sono stracariche di frutta purtroppo ancora acerba, accanto al fiume gli ontani e le canne prendono il posto del frutteto e vengono usati per fare i travi e i cannicciati per i tetti delle abitazioni.
Il sole è già tramontato quando vado a prendere Tambone che è stato tutto il giorno a pascolare vicino al fiume del villaggio, ma lego male la sella e tombolo giù a fava sotto lo sguardo divertito di tutto il paese.