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Sabato 05/01/2008 – TARFAYA

Tarfaya

exupery

È mattino inoltrato quando apro la porta di casa, una luce accecante ci accoglie, il sole è finalmente caldo proprio come me lo aspettavo.
Le vie del paese sono sterrate ma più che terra è sabbia e questo è un vantaggio perchè si alza poca polvere. Tarfaya è un paesone di pescatori con le vie piene di bimbi e tanti caretti trainati dagli asini. Lo sguardo è catturato dal fumaiolo di una nave che sembra uscire dal deserto è il “grande barco” una grande nave che viene dalle Canarie, porta turisti ma a Tarfaya li vedono solo arrivare e partire e di questo si lamentano e ne sono dispiaciuti (come i Portoferraiesi con le navi da crociera) davanti al porto c’è una spiaggia riparata dove le piccole barche dei pescatori sono in buona parte in secca. Sono delle lance di legno lunghe 6/7 metri con le murate alte e la prua molto alta per contrastare le grandi onde oceaniche. Qui il mare calmo calmo è come il mare lungo di Ponente ma mi sembra di capire che non c’è quasi mai.
Con la bassa marea le poche zone rocciose si popolano di gente, soprtratutto donne e bimbi in cerca di “favolli”, polpi e “granite” e pieno di “lampate” ma non le fanno.
Appena fuori dal paese ci sono le capanne dei pescatori. Sono di persone che vengono dal deserto e sono qui per pescare.
Ci sono grandi lavori intorno al porto, ho letto di un progetto della Shell che potrebbe portare a Tarfaya un impianto, cerco di informarmi, ma mi dicono che sono solo piccoli lavori di ammodernamento del porto, spero sia vero ma ho dei dubbi.
Dietro il porto c’è “un castello nel mare”, è forte Mckenzie o Casa Mar come viene chiamata semplicemente qui. È una suggestiva costruzione circondata dal mare raggiungibile con la bassa marea quando il mare si ritira di una trentina di metri.
Il paese fu fondato proprio da Donald Mckenzie un commerciante scozzese alla fine del 1800, che lo chiamo Port Victoria trasformato successivamente in Villa Bens dagli Spagnoli.
L’ambiente è sereno e gioioso, i bimbi giocano sulla spiaggia, sono tutti gentili e incuriositi e si riesce a comunicare perchè tutti sanno un pò di francese e di spagnolo.
Dietro la spiaggia c’è un monumento, un aereo biplano di metallo, dedicato alla memoria di Antione de Saint Exupery, l’aviatore scrittore autore del “Piccolo Principe” che morì precipitando da queste parti. A Tarfaya c’era e c’è tuttora una piccola aviosuperficie dove i piloti del servizio aero postale facevano tappa.
Il sole è tramontato quando dopo essere passato davanti alla grande caserma militare mi ritrovo nelle viuzze del paese, c’è una festa nella strada è stata montata una grande tenda lunga più di venti metri, fuori due dromedari addobbati con colori vivaci, la tenda è occupata da sole donne tutte in abiti sgargianti, mi invitano nella casa nella zona riservata agli uomini, c’è un ospitalità vera che mi colpisce, sembra la festa del maggio coi corolli al circolino della Bonalaccia una trentina di anni fa.
Mi offrono da bere aranciata e dolci buonissimi col miele che assomigliano ai fichi mielati. È una grande festa perché si festeggia il “Hadj” ritorno dal viaggio alla Mecca, quello che ogni buon Mussulmano deve fare almeno una volta nella vita, è una famiglia che è ritornata e la festa è soprattutto per una ragazza e per l’anziana nonna.
Mi chiedono se io sono mai stato in pellegrinaggio in Vaticano, mi spiegano che Allah è il Dio di tutti e che Gesù qui chiamato Ajssa è il secondo Profeta dell’Islam, che questa è una famiglia Sahary e che sono venuti tutti i parenti anche da lontano, anche quelli che vivono ancora nomadi nel deserto. Col mio linguaggio fatto di gesti e suoni più che di parole, cerco di conversare, passo un ora bellissima con persone che mai avevo visto e che probabilmente mai più rivedrò ma che mi hanno fatto sentire parte di una comunità.
Tarfaya mi ha conquistato, voglio che Base Elba parta da qui.

Venerd?¨ 04/01/2008 – IZNEGANE – TAN TAN – TARFAYA

inznegane
Dopo una notte di pioggia, albeggia nei pressi di Auorir, fra l’oceano e un ambiente che si fa sempre più desertico, con la luce si popola il paesaggio. Attraversiamo la periferie di Agadir incontrando centinaia di bimbi che vanno a scuola a piedi. Dopo Agadir sosta a Iznegane. Durante la notte sembra di aver viaggiato cosi tanto da avere raggiunto un altro mondo.
Iznegane è il primo paese che sa di Africa, perlomeno dell’Africa del mio immaginario, grandi piazzali polverosi dove si trova di tutto dai venditori di asini a quelli di profumi questo paese è un importante crocevia di comunicazione da qui si cambia e si parte per Marrakech, per Laayoune, per Casablanca e per tutte le destinazioni.
Ci sono soprattutto i gran taxi scangherate, mercedes berlina anni 70 colorate di bianco e “celeste Ponzese” che portano fino a 6 persone e se riesci a fare un equipaggio completo sono veramente

economici. Poi ci sono le Land Rover, anche queste mediamente vecchie e scassate che vanno verso il deserto o la catena dell’Atlante, i bus di tipo europeo quelli turistici, e quelli marocchini i più pittoreschi.

È un mondo di odori forti e contrastanti fiori, spezie, merda, haschish, menta, sudore, carne di montone, si sovrappongono continuamente, i bus non sembrano esserci, chiedo un collegamento con Tarfaya, spostamento in piazzale laterale e bus vecchio ma perfetto.

9.30 si parte, nella bauliera, casse di pomodori, balle di erba, patate e bagagli.

La vendita dei biglietti è uno spettacolo, credo che nessuno dei passeggeri abbia pagato lo stesso prezzo, ogni tagliando è una trattativa. Con il pulman già in movimento i vari bigliettai si dividono i compensi sembra sempre che sia sul punto di scoppiare una rissa ma poi torna tutto tranquillo.
Nella corriera c’è gran varietà di abbigliamento, turbanti e tuniche multicolori, ciabatte, anfibi, babbucce; fra le donne nessuna è vestita all’occidentale, ma solo poche hanno il volto coperto. Si procede a grande velocità, nei pressi di Tinznit sosta pausa pranzo c’è un macello, con carne di capra, mucca, agnello e montone, un arrostitore, un venditore di pane, salumi inscatolati e bibite e un bar.
C’è un rituale ben preciso: tutti in fila a lavarsi le mani, poi dal macellaio a farsi tagliare la carne in piccoli pezzetti, si passa a prendere il pane e poi si porta la carne ad arrostire e si mangia il tutto seduti. Qualcuno preferisce il panino alla marocchina, un pane morbido che viene aperto tipo marsupio e riempito di pesce carne e salse varie. The o caffè e si riparte.
Il paesaggio è ormai desertico ma la pioggia lo farà fiorire.
Arriviamo a Tan Tan per un’altra grande sosta le mercedes bianco celesti stanno lasciando il posto a vecchie Land Rover e i carretti trainati dagli asini sono sempre più numerosi. Si scaricano quasi tutti i pomodori e le balle di erba. Il paesaggio diventa sempre più affascinante, con le onde dell’oceano che incontrano il deserto e le incredibili case baracca dei pescatori. È notte quando arriviamo a Tarfaya, tira vento e fa freddo, è tutto molto tranquillo, un bimbo ci accompagna ad un piccolo hotel, non c’è posto, ma ci offrono una vera casa marocchina con turcae secchio sciacquone, camera con letto basso e sala con tappeti, tanti cuscini e materassi, piastrelle multicolori, pareti verdi, soffitto bianco.
La giornata finisce davanti ad un tajine di pollo, il mare è agitato e non c’è pesce.

Gioved?¨ 03/01/2008 – RABAT

 
Piove e tira vento, non c’è corrente elettrica e quindi neanche internet in attesa del bus per Agadir si mangia caramelle alla stazione.
Arriva la connessione mando ma non riesco mai ad inviare tutto, il problema è aprire la posta ma poi un bar con la connessione senza fili risolve tutto. Finalmente riesco ad ammirare il nuovo elbacomunico.
Partenza da Rabat alle 22.