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Il mostro d’acciaio e il sogno arabico
Giornata calda e appiccicosa, un clima che preoccupa in vista del ramadan ormai prossimo.
Andiamo al porto nuovo dove è approdata una grande paranza che in questo contesto ha le sembianze di un mostro d’acciaio soprattutto se paragonato alle eleganti feluche di legno che veleggiano pigre nella brezza della sera. La pesca a strascico è la nemica giurata dei pescatori costieri, qui come all’Elba e qui come da noi questa pesca che devasta i fondali nell’indifferenza anzi sotto la protezione di chi controlla la pesca. I pescatori di Kerkennah sono arrabbiati perché l’equivalente della nostra capitaneria di porto è giustamente molto severa con loro nel rilasciare licenze di pesca e nel controllare che non si peschi con le “reti giapponesi” (reti di plastica a maglie molto piccole), ma ignora i grandi motopesca che rastrellano il fondo distruggendo le praterie di posidonie e con loro la vita di questo mare e il lavoro di questa gente che da secoli si barcamena fra flussi di correnti e maree rispettando i cicli riproduttivi di questo delicato ecosistema marino.
Il sole pone spettacolare come sempre dietro le cataste di gourgoulette (piccole anfore per la pesca del polpo) che fra un mese verrano calate sui bassi fondali per catturare i tentacolati molluschi ripetendo una pesca che va avanti dal tempo dei fenici.
Stasera siamo a cena dalla mamma dei fratelli Ouarda, che vive separata dal marito in una casa vicino al porto. È buio buio, quello vero senza illuminazione artificiale ma il viottolo si vede bene perché è bianco e la luce delle stelle è più che sufficiente per illuminarlo, però bisogna stare all’erta con l’udito, ogni tanto passano le biciclette che non si vedono (perché qui anda’ in giro con la luce è considerato umiliante) e quando si sente il rumore delle ruote sulla terra si salta di fianco.
Mangiamo all’aperto sotto le palme, pesce arrosto e uva della pergola, di “razza italiana” precisa orgoglioso Ali Baba. Le mamme sono tutte uguali Fatima è in ansia per Mafud l’altro fratello Ouarda che è in volo per il Kuwait dove insegna francese e vive con la famiglia. Vi si è trasferito da qualche anno e con i guadagni si è costruito una grande villa sull’isola natale che però si gode solo per le vacanze. Finalmente arriva la telefonata e la signora ringrazia allah e si rilassa. 
Ormai per la gente del Magreb l’europa è la meta dei disperati, la nuova terra promessa è la penisola arabica, le persone che hanno una qualifica o comunque un mestiere ambiscono ad andare  in Arabia Saudita o meglio ancora in Oman, in Kuwait, in Barhein, Qatar, dove un lavapiatti guadagna quattro volte più che un dottore in Tunisia e otto volte più che in Egitto. Gli arabi “puri” preferiscono personale mussulmano e disponendo di capitali pressoché illimitati ricompesano con stipendi da favola.
Prima di accomiatarsi come da tradizione si beve l’acqua fresca della cisterna simbolo di purificazione e buonaugurio e poi si ritorna al villaggio dalla pista bianca facendo attenzione alle sibilanti biciclette.