CategoryAprile 2009

Gioved?¨ 30 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

Image La movida di Mut
La movida di Mut ha il suo picco massimo fra le dieci di sera e mezzanotte, niente di che ma l’atmosfera è piacevole, le donne passeggiano chiacchierando lungo i viali insieme ai bimbi, mentre  gli uomini stanno al cafè a shishare e a guardare telenovele.  Sicuramente le donne di Mut sono molto più emancipate rispetto a quelle di Siwa, Bawiti o Farafra; magari pensando all’europea, emancipate è un termine esagerato, ma qui siamo nel Sahara egiziano. 
 
   

Mercoled?¨ 29 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

Image  Contento e orgoglioso
Mi risponde Beppe Tanelli, verrà a Kerkennah per “Base Elba” sono molto contento e orgoglioso della sua adesione a questo progetto.
   

Marted?¨ 28 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

Image

Image

Image

Image

Image

Image

Image

I vicoli della città vecchia
Scrivo un po’ di lettere per preparare il lancio di Base Elba, poi prima andare ad internet dove ho un appuntamento con Michelangelo per fare delle migliorie al sito, facciamo un giro nella città vecchia entrando dal cimitero vecchio che è interessante e inquietante, è una collina rossa dominata da un grande marabutto di mattoni crudi con all’interno le solite sepolture malridotte e intorno decine di fosse a pozzo con una copertuta in mattoni crudi che si chiude su una botola aperta, dentro ognuna di queste sepolture ci sono svariati corpi, alcuni avvolti nei sudari sembrano mummificati, è difficile capire, nessuno sa dire niente di questo luogo oltre che sono morti da tanto tempo. Dal cocuzzolo del camposanto si ha una bella panoramica sulle case della città vecchia sui cui tetti piatti in questo periodo di mietitura ci sono accumulati i fasci di grano e dall’alto sembrano nidi di smisurati uccelli. Mentre si entra nei vicoli, guardando fra la spazzatura accumulata a ridosso della ripida parete della collina funeraria, vedo che c’è un teschio che probabilmente è rotolato dall’alto e ora riposa fra la rumenta ignorato da tutti. Sono vicoli vivi i primi incontrati, con i bimbi che giocano a rincorrersi e le donne che puliscono erbe e chicchi di riso sulle soglie delle case, spostandosi verso nord si entra nella parte ormai abbandonata dell’agglomerato, le abitazioni sono in gran parte crollate, il  paese è come sommerso dagli accumuli dei detriti, sembra che ci sia stato un terremoto. I portoni di legno di palma con grandi chiodi fatti a mano, così come le pitture colorate che si vedono dentro i ruderi e le tante nicchie che spuntano delle sezioni di pareti sopravissute, raccontano di un’architettura pregevole, è un continuo scoprire anfratti silenziosi che regalano sorprese, ora vecchi arredi, ora utensili; c’è silenzio assoluto e luce filtrante, sembra quasi un’esplorazione sottomarina. Camminando avvolti dentro i colori belli del tramonto che esaltano il rosso dei mattoni, ritoviamo un carrugio abitato, i bimbi giocano nella polvere dorata del vicolo, mentre gli anziani seduti a cerchio conversano sorseggiando the, accompagnando con gesti ampi e lenti le poche frasi scandite con enfasi, si respira la cultura del deserto in questi vicoli, dove le donne anziane sono vestite di blu e se ne stanno sulla via sedute sulla soglia della porta delle loro case seminiterrate controllando ogni movimento. Camminando nel dedalo di viuzze ci troviamo in un cortile dove una mamma giovanissima sta coccolando il suo neonato, è sorpresa da noi e forse anche un po’ impaurita e disturbata, ma la voglia di mostrarci il neonato è più forte di tutto il resto e il suo sorriso candido e orgoglioso è l’essenza della bellezza. Girato l’angolo mi ritrovo fra bimbi eleganti e flessuosi, hanno la pelle scura e i lineamenti tipicamente africani e in tanti inaspettatamente hanno gli occhi chiari, qui in Africa capita spesso che gli agglomerati siano divisi per etnie e probabilmente in questa zona semiabbandonata di Mut vi si è installata una piccola comunità proveniente da Sud, contrariamente a quello che tanti pensano il razzismo qui è molto forte e difficilmente ci si sposa fra etnie diverse. Il rumore di una ruspa ci fa capire che anche Mut antica ha i giorni contati, le vecchie case dalle forme morbide costruite con terra e fango vengono sostituite da cubi di cemento armato, qui non esiste niente di anche lontanamente simile ad un piano regolatore, quando uno ha un terreno e i soldi può costruire, senza nessun vincolo reale. La  cittadella fortificata, per secoli il cuore di Mut, costruita dalla gente dell’oasi per proteggersi dalle incursioni dei beduini e che fu ulteriormente fortificata alla fine del IXX secolo per difendere la comunità locale dai temutissimi Mahdisti provenienti dal Sudan, sta per scomparire per sempre. Mentre cala la sera i chiaroscuri rendono ancora più impietoso il paragone fra la morbidezza delle forme sinuose e sempre diverse delle vecchie case, con i moderni cubi di cemento tristi e senza poesia, oltre che soffocanti contenitori di calore, che poi necessitano di un geometrico  condizionatore per riuscire a respirarci dentro e poter guardare senza soffocare l’indispensabile cubo della televisione. Questo progresso cesso che avanza monotono e meccanico in tutti i luoghi macinando memoria, coscienza e bellezza, non può avere vita lunga, se lo osservi bene è poca cosa, è un enorme tubo digerente senza cervello che tra poco ingoierà anche se stesso, è stupido e presuntuoso prende vigore dal non pensare della gente, ma questo incantesimo come tutti i malefici prima o poi svanirà e si portera via anche il “vermocane capitale”.
In serata mi ritrovo con Michelangelo su Skype, sento anche Jader e gli racconto un po’ dell’Africa.
 
   

Luned?¨ 27 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

Image

Image

Image

 

Il Senusso e il Norvegese
Mentre si compra la frutta ci ferma un tipo con una gran parlantina e ci invita a bere un the, è un paffuto ridaccione sulla trentina tutto entusiasta della sua esperienza di cuoco a Dubai, è tornato da pochi mesi a Dakhla, il suo paese di origine, per aprire un ristorante di pesce, ma è deluso dai suoi compaesani che mi dice vogliono mangiare sempre le solite cose “i gamberi” dice “gli fanno paura perché gli sembrano scorpioni, i calamari schifo e il pesce non lo vogliono” per vendere qualcosa deve fare i soliti panini coi fegatelli, ma di questo non si preoccupa perché a Dubai ha guadagnato tanto, 3500 euro al mese, 26000 pound che per un egiziano sono uno sproposito, qui la gente mediamente guadagna 200 o 300 pound al mese. È rimasto folgorato dal piccolo emirato arabo e dalla ricchezza dei russi e aspira ad andare in Spagna, Francia e soprattutto in Italia, per imparare i segreti della  cucina italiana, il suo problema è che per ottenere i visti a quanto pare, oltre che di tanti soldi, c’è bisogno anche di forti raccomandazioni. La sua famiglia è una di quelle che si è trasferita qui con la creazione della New Valley e le sue origini sono libiche da parte di mamma e turche quelle del babbo, si chiama Youseff Senussi, a sentire Senussi mi incuriosisco, il rigore e la disciplina dei Senussi mi affascina e la storia di Omar al-Muktar ancora di più, mi dice che suo nonno era un vero Senusso, uno spirito guerriero che coltivava il mito di Omar al-Muktar e odiava gli italiani, ma lui non la pensa così, lui è Senusso solo di nome, ama l’alcool e i costumi occidentali, non mi turba tanto quello che mi dice ma come lo dice, come se ostentasse il distacco dalle sue origini per farsi benvolere da un occidentale, comunque è sempre interessante trovare qualcuno che ha voglia di raccontarsi un po’. Ritornati al nostro nuovo alloggio, mentre si mangia la macedonia nell’aveggio di latta seduti sulla murella, arriva un tipo nordico che ci guarda un po’ curioso e poi chiede “egiziani o turisti?” Si chiacchera un po’è un norvegese che risiede in svizzera e viaggia da solo con la sua moto da un anno e pensa di continuare per un altro anno, arriva da Al Fayoum ed è diretto a Farafra, ci scambiamo un po’ di informazioni sui luoghi visitati, lui è molto interessato al Deserto Bianco e a Siwa, io alla zona del Fayoum, Luxor e Assuan.
In serata un altro incontro interessante, ma di tutto altro genere, fra gli alberi di un giardino vediamo un bel gruppo di pipistrelli giganti che svolazzano fra le fronde delle palme, hanno un’apertura alare di una quarantina di centimetri e sembrano tarponi volanti, probabilmete di giorno riposano in qualche rudere della città vecchia, sarebbe bello trovare il rifugio di questi pipistrelloni.
 
   

Domenica 26 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

Image Ponente Africano
Cambia il vento, è arrivato il Ponente Africano che è come una benedizione, la temperatura si abbassa di almeno una decina di gradi e con il  fresco si rivede il cielo azzurro. Dopo i due giorni di festa oggi scuole e uffici sono di nuovo aperti e finalmente ai militari hanno dato la divisa estiva, ora possono continuare a non fare niente molto più comodamente senza quelle pesanti divise nere di panno di lana. La vita scorre lenta e ripetitiva ma è così ovunque, nel deserto o al mare, in Africa o in Europa, quando si rimane in un posto per qualche giorno ti rendi conto che quasi tutti sono sempre nel solito posto alla stessa ora a fare la stessa cosa dei giorni precedenti, la libertà è un concetto astratto ma si sposa assai bene con il vivere nomade.    
 
   

Sabato 25 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

Image Relatività sabbiosa
È entrato il vento da Sud e l’aria è ingiallita dalla sabbia delle dune vicine, è un soffio caldo e rafficato di polvere granulosa che arriva ovunque, te la senti in gola, negli occhi e nel naso, in questa stagione capita spesso e per tutti è una cosa normale, chissà cosa penserebbe un abitante di Mut che si trovasse all'Elba nel sentire le lamentele della gente dopo una giornata di scirocco per la tanta sabbia portata dal vento Africano.
   
   

Venerd?¨ 24 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

 Image Cureggia a bolla densa
La cosa più rilevante della giornata è successa nel tardo pomeriggio: è stata una poderosa cureggia a bolla densa che ha creato un’onda sismica fra le mutande e il buco del culo… i peli di zona racconteranno a lungo lo spaventoso fenomeno naturale.
 
   

Gioved?¨ 23 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

Image

Image

Image

Image

Image

Image

Image

Image 

Il lago velenoso e la città vecchia  
Verso le quattro di mattina si lascia internet, la temperatura ora è piacevole aiutata anche da un venticello che porta il fresco del palmeto, ci incamminiamo verso la campagna dove c’è già chi lavora, l’alba arriva con un sole pallido che sbuca anonimo fra la foschia, nei campi si miete e si raccoglie erba medica. A un’ora di cammino dall’abitato di Mut c’è il lago che avevo visto arrivando da Farafra, è un bacino artificiale che è alimentato dalle acque reflue dei canali di irrigazione, che nel progetto originario doveva essere utilizzato per l’itticultura, ma questo progetto non è stato mai realizzato perché le acque sono infestate di pesticidi e fosfati. La verifica di queste notizie lette è tremenda, il lago è puzzolente tanto da far venire il vomito, sui bordi si compatta una malta bianca di fosfati, veleno puro le cui esalazioni sono così potenti da far bruciare gli occhi, in queste oasi della nuova valle si sta compiendo un crimine ambientale tremendo, si portano in superficie con i pozzi artesiani le acque fossili, le si contaminano e poi si fanno refluire inquinando il suolo e le falde e quello che è peggio è che questo processo scellerato e devastante è in costante crescita e la colpa non la si può certo dare a questa povera gente che cerca semplicemente di sopravvivere lavorando anche la notte. Ritornati in paese si va dal frittellaio a mangiare un fitir e poi a letto. Si esce poco prima del tramonto per andare a vedere il centro storico di Mut, prima si incontra il vecchio cimitero, inusuale rispetto a quelli visti finora e caratterizzato da tante cupole in mattone crudo e poi si entra nella città vecchia passando da un quartierino che è in gran parte disabitato ed è stato trasformato in un gigantesco pollaio. Attraversandone i vicoli si sale fino alla parte più alta, dal culmine il panorama è ampio, la vecchia Mut sarebbe molto bella e suggestiva, si sviluppa su una collina e le case sono tutte costruite in mattone crudo dalle tonalità rossastre, ai piedi dell’abitato inizia il palmeto e poi subito dopo le dune gialle, peccato che intorno alle case vecchie ormai in gran parte abbandonate, ci siano tanti brutti palazzi di cemento e mattoni rossi che rovinano tutto. La maggior parte dei palazzi moderni sono incompleti ma già abitati, come capita sempre in Egitto (anche perché sembra che ci sia una legge edilizia che consente di non pagare le tasse finché l’edificio non è completato). Lo stile “abbaraccato” tipico di questa parte di mondo si manifesta con rifiniture e tettoie in canne di palme e cartone. Gironzoliamo un po’, la città vecchia si sta sgretolando velocemente, queste case fatte di terra e fango hanno bisogno di manutenzione costante e una volta abbandonate degradano velocemente, tante sono ormai completamente distrutte sembrano abbandonate da tanto tempo ma i disegni di improbabili aerei sulle pareti a testimonianza di Hajj volati, ci fanno capire che l’abbandono è cosa recente, all’interno dei ruderi ci sono tanti disegni, taluni geometrici, altri che riproducono storie vissute, sproporzionati e infantili danno allegria e colore, quello che mi piace di più è un cammello adornato con bandiere francesi, mezzaluna islamica e stelle. Il confine ovest della vecchia Mut è un grande spiazzo da cui parte la strada asfaltata, in questo gran piazzale polveroso c’è il gran cafè del quartiere, dove si sta comodissimi sulle sgarrupate panche di legno sparse nel piazzale, da noi sarebbe messo male anche come pollaio, ma in realtà è proprio comodo, ti puoi spaparazzare come meglio ti viene e starci tutto il tempo che ti pare, molto meglio di quei barettini tutti leccati che usano dalle nostre parti, dove ci puoi sta’ solo ritto e se vuoi legge’ il giornale devi fa’ il contorsionista per girare la pagina. In serata salta la corrente e Mut rimane al buio.   
 
   

Mercoled?¨ 22 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

Image  L’idea prende forma
Giornata a scrivere e preparare “Base Elba” la cosa mi piace, ci vedo un grande futuro in questo progetto, in serata mi collego con skype e sento Massimo e poi si passa la notte a internet ma la corrente elettrica salta di continuo e non si combina un gran che.
   
   

Marted?¨ 21 aprile 2009 Mut, Oasi di Dakhla – Egitto

Image

Image 

Assoggettati al ciclo del Sole
Il caldo aumenta sempre, la gente lavora di notte e al mattino, poi si rintana all’ombra durante le ore calde e ricomincia ad uscire nel tardo pomeriggio, anche noi ci si adatta a questi ritmi, anche volendo non si può fare altrimenti, si esce poco prima del tramonto per fare un giro nei campi dove si sta mietendo il grano, le spighe vengono tagliate con dei corti falciotti e poi una volta ammazzetate, caricate sui carretti e portate via. C’è aria di festa, la raccolta del grano è da millenni un momento di gioia nelle comunità contadine e questa euforia contagia soprattutto i bimbi che riescono anche a giocare mentre lavorano, gli unici che mantengano la solita espressione triste sono gli asini addetti al traino dei carretti, che caricati con cataste di covoni di grano diventano enormi e salire in cima a queste montagne di spighe diventa un’ambita e divertente prova di coraggio per i ragazzini. Camminiamo per qualche chilometro fra i coltivi e poi andiamo a vedere la famosa sorgente sulfurea di “Bir Talata” che vuol dire semplicemente pozzo n°3, raccontata come la principale attrattiva della zona, ma che si rivela una buca di acqua calda, rugginosa e ferma, per niente invitante, inoltre si trova dentro il giardino di un albergo dove gli unici ospiti sono due vecchi inglesi incartapecoriti e immobili che sembrano attendere pazientemente il momento della loro mummificazione. Dopo il tramonto in campagna la temperatura cala velocemente, ma una volta tornati nella zona cementificata il caldo torna a ribollire, le case di cemento oltre che orribili in queste zone così calde si trasformano in veri e propri forni crematori, però si continua a costruire cubi di cemento e i mattoni crudi non si usano più, anche qui tutti vogliono le case moderne. È notte fonda ma c’è chi sta già andando nei campi a lavorare e chi nei cantieri edili impasta cemento; qui il più forte è il sole e tutti si devono adeguare al suo ciclo.