Monthfebbraio 2009

Venerd?¨ 20 febbraio 2009 Dahshur ‚Äì Egitto

 

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L’involuzione

Solito avvicinamento a Dahshur in un avanti e indietro di pulmini, poi entriamo nel sito. Dopo il primo richiamo di un poliziotto che ci riporta sulla strada principale riusciamo a entrare nel deserto passando da uno scavo in corso effettuato da un’equipe tedesca. Andiamo verso la Piramide Nera che rispetto alle imponenti sgome geometriche delle due piramidi fatte costuire da Sefru sembra poco più di un cumulo di terra. La piramide è molto vicina al villaggio che si sviluppa a margine del grande palmeto che fiancheggia il corso del Nilo, da vicino finalmente si capisce bene che è opera dell’uomo e anche che è in uno stato di degrado avanzato dovuto all’incuria. Veniamo circondati da un gruppo di ragazzini che usano il monumento come un parco giochi, salendo su ci si rende conto dell’imponenza e allo stesso tempo della precarietà di questo originale monumento fatto costruire dal Faraone Amenemhat III nel IX secolo a.c. durante il periodo denominato medio regno. Si intuisce la forma unica di questa piramide che si sviluppa con una torre nella parte più alta costruita interamente in mattoncini di pisé (paglia e fango) è un monumento gigantesco anche se non ha l’imponenza e la perfezione delle due grandi piramidi di Snefru costruite in pietra ben ottocento anni prima. Durante questo viaggio ogni volta che visitiamo un sito archeologico si ha l’impressione che la civiltà nel corso dei secoli si sia involuta e questa sensazione è forte più che mai qui in Egitto, dove i monumenti più spettacolari sono sicuramente quelli più antichi. Il panorama da questa altura artificiale è magnifico, si apre a ovest verso il deserto dove catalizzano l’attenzione le grandi piramidi di Snefru per poi perdersi nell’aridità del deserto occidentale, mentre ad est si estende la larga e rigogliosa striscia verde che fiancheggia il corso del Nilo oltre la quale si vedono centinaia di ciminiere di fornaci il cui fumo, oggi acciaccato dal vento, fa sembrare ancora più infernali. Il luogo è magnifico ma la compagnia sempre più numerosa, in un delirio di esibizionismo, sta degenerando in atteggiamenti distruttivi nei confronti del monumento e della pazienza. Quindi a malincuore decidiamo di riprendere il cammino nella sabbia alla volta della grande Piramide Romboidale, che vista da vicino, dopo una mezz’ora di cammino, si rivela più enorme e imponente che mai nella sua poderosa forma originale causata da un cambiamento di progetto in corso d’opera, quanto i suoi realizzatori si resero conto che la costruzione non era in grado di sostenere l’inclinazione di cinquantaquattro gradi delle pareti e per evitare un collasso strutturale addolcirono l’angolo portandolo a quarantatre gradi, riuscendo a chiudere la gigantesca opera a centocinque metri di altezza. Di tutte le Piramidi questa, pur essendo la più antica, è quella esteriormente meglio conservata e mantiene gran parte delle grandi lastre di rivestimento. Teoricamente la zona dovrebbe essere interdetta alle visite perché dentro il territorio di una base militare ma per fortuna non è così, dopo poco arriva anche un pulmino di turisti per una breve visita. Il tempo scorre veloce e l’orario di chiusura si avvicina, attraversando una distesa di sabbia e cocci arredata di templi e vie lastricate che si intuiscono fra le piccole dune, arriviamo alla meravigliosa Piramide Rossa, il punto di arrivo dei superbi architetti di Snefru. La perfezione esterna si amplifica discendendo all’interno del colosso di pietra, ancora più spettacolare e perfetta di quella del figlio Cheope, si scende per diverse decine di metri attraverso una ripida discenderia che porta alle stanze funerarie sotterranee al centro della piramide. Le enormi lastre di granito salgono dalle pareti fino a chiudersi in una stretta volta triangolare, si ha effettivamente la sensazione di essere all’interno di un’opera sovrannaturale eppure queste enormi lastre di una perfezione geometrica assoluta sostengono un peso di milioni di tonnellate da più di 46 secoli. Visitiamo le tre camere nel cuore della piramide e poi ritorniamo in superficie risalendo la faticosa rampa, il custode ci sta chiamando ormai non c’è più nessuno e l’orario di chiusura è già scaduto. Anche stavolta facciamo rientro con il camion dei militari che ci riconoscono e ci riaccompagnano fino al paese da dove con il solito scambio di pulmini rientriamo fino a Giza e da lì con la metro al centro del Cairo.
 

   

Gioved?¨ 19 febbraio 2009 Il Cairo – Egitto

 

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Fra stranguglioni e lamette

Nottata di stranguglioni schianta budelle, che insieme alla tempesta di sabbia che si è scatenata sul Cairo consiglia una pausa per riprendesi senza allontanarsi troppo dal cesso. Nel pomeriggio tutto si quieta. Dopo due mesi mi faccio barba e capelli, ma a mezza via finisco le lamette, il risultato è un cadaverico effetto tigna a mezza via fra la mummia di Ramsete e Gollom il mostriciattolo del Signore degli Anelli.  
 

   

Mercoled?¨ 18 febbraio 2009 Il Cairo – Egitto

 

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La preghiera postale

Oggi pausa tecnica, c’è da spedire un po’ di roba a casa, guide, libri e dvd per alleggerire il bagaglio. Si va alla posta centrale, è tutto più semplice del previsto e anche divertente con il funzionario censore che fa finta di leggere i libri da spedire, si riempie la scatola e si nastra, poi si passa al nastratore scheggia che chiude e supervisiona tutti i pacchi prima della pesa, a questo punto l’addetto alla riscossione va via per fare le abluzioni, dopo qualche minuto torna poi stende il tappeto e inizia a pregare insieme ad altre pesone, dopo una quindicina di minuti riprende il lavoro mentre altre persone si alternano sul tappeto della preghiera. C’è gente di tante nazioni in questo ufficio, fra cui uno studente del Mali della famosa scuola coranica di Al-Azhar, come sta scritto in inglese sul foglio prestampato applicato al grande scatolone di libri religiosi che sta mandando ad una scuola in Mali; e una minuta ragazza giapponese che sta spedendo un pacco con l’indirizzo in caratteri arabi e ideogrammi giapponesi. Si ritorna al Cafè Kunst Gallery per lavorare con la wi-fi, è un posto bello, ritrovo di artisti e studiosi, con tanti quadri alle pareti e sottofondo di musica classica. In serata mi mangio un fitir un dolce egiziano, in pratica una sfoglia sottile piena di burro che scatena una reazione devastante.
 

   

Marted?¨ 17 febbraio 2009 Dahshur ‚Äì Egitto

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Il treno per la città dei morti
Per andare a vedere le piramidi di Dashur la soluzione migliore sembra quella di prendere il treno fino a Al-Badrashein e poi un minibus per Dahshur. Alla stazione Ramses arriva il treno di terza classe, c’è tanta folla la gente si lancia sulle porte con il treno ancora in movimento, è tutto uno spingere per scendere e salire, è un delirio di spinte e urla, in tanti si infilano nel treno entrando dai finestrini senza vetri per accaparrarsi i posti a sedere. Riusciamo ad entrare e dopo poco minuti il locomotore parte, il convoglio avanza lento, è strapieno, lezzo e puzza di piscio, i bigliettai che avanzano a spintoni ci ignorano e la gente ci guarda male, non ci vorrebbero nel vagone  “solo arab, solo arab” continuano a dirci. Il treno è un locale ma non si ferma a Al-Badrashein, vediamo scorrere le piramidi di Saqqara, la maggior parte della gente è tutta seduta in terra vorrei scendere ma le porte sono ostruite dalle tante persone ammassate. Un paio di tipi gentili mi aiutano a cambiare vagone e quando il treno rallenta fino a fermarsi si scende  saltando in mezzo ai binari. Questi sono i treni che i turisti non devono prendere perché il governo non vuole far vedere queste ferrovie degradate che fermano nei paesi senza stazione. Siamo a Al-Hai piccola cittadina ai margini della grande oasi di Al-Fayoum considerata il fulcro dei movimenti integralisti islamici più rilevanti dell’Egitto. Il binario è una discarica e anche intorno la spazzatura non manca, solo ora mentre guardo il treno che riparte mi rendo conto che c’è un sacco di gente anche all’esterno, abbarbicata alla meglio fra i vagoni. Il centro del paese è diviso dalla ferrovia e si vende pesce sui binari, nei cestoni ce ne sono diversi tipi, i più numerosi sono i pesci gatto scuri e viscidi come le anguille. Finalmente il vero Egitto, vie sterrate e fangose fiancheggiate dai colori e i profumi delle merci più disparate che pittoreschi venditori cercano di vendere declamandone l’eccezionalità, stiamo catalizzando l’attenzione di tutti, nonostante le tante notizie allarmanti non c’è nessun sentore di ostilità, anzi c’è solo curiosità e gentilezza. Per ritornare nella zona delle Piramidi di Dahshur prendiamo un puk puk “gli apini taxi” che coprono tragitti urbani, ripassiamo sopra la ferrovia mercato e ci fermiamo al parcheggio dei pulmini dove se ne prende uno che ci porterà fino a Al-Badrashein. La strada scorre nel verde meraviglia che fiancheggia il Nilo che brulica di vita, ibis e aironi punteggiano di bianco i coltivi dove gruppi di contadini avanzano nei campi zappando la terra scura di limo. Sembrano in divisa tutti con le camice scure, i pantaloni arrotolati alle caviglie e i piedi scalzi, è il lavoro duro e rituale della campagna, di questa meraviglia possibile grazie al Nilo e ai tanti canali che rendono fertile il deserto, sembra la Libia disegnata sulle  gigantografie della propaganda di Gheddafi. Ci sono asini e mucche e anche tante bufale che mi fanno veni’ voglia di mozzarella. Scendiamo a Al-Badrashein dove troviamo un puk puk che ci carica, l’autista è uno scugnizzo con una sigaretta spenta in bocca che avrà una dozzina d’anni e che lavora insieme al suo “scagnozzo” un bimbo di 6/7 anni. È tutto esaltato dal portare ‘sti tipi anomali e fa il giro di mezzo paese strombazzando a tutto spiano, poi tutto fiero ci scarica al parcheggio dei pulmini, il nostro è il più scassato che abbia visto finora, è tutto marcio e si regge sulle saldature. Qui usa pagare mentre si viaggia passando il pound di mano in mano fino all’autista che mentre guida fa i resti, mentre l’autiere è impegnato a fare i resti rischiamo un frontale con un camion, si sfila per un nulla, dev’esse che le preghiere che suonano sempre nei mangianastri di questi carretti funzionano per davvero. Siamo a Dahshur, cerco un puk puk faccio il segno delle piramidi unendo le mani a triangolo, ci pensa un po’ ma poi si va, si cammina lungo un canale fino ad arrivare all’imbocco di un viale che porta all’ingresso della zona archeologica. Saranno le due del pomeriggio quando si entra, è un posto magico e silenzioso, lasciamo la via e si cammina nella sabbia ondulata, intorno tante piramidi. Siamo nell’antica città dei morti del tempo dei faraoni, che si estendeva per una quarantina di chilometri nel deserto occidentale ai margini delle fertili terre irrigate dal Nilo, in questa area si trovano decine di migliaia di sepolture costruite nel corso di più millenni. Sbucano tracce di reperti ovunque e sicuramente la sabbia nasconde ancora numerosi tesori, sotto un cumulo di eternite si intuisce uno scavo sospeso, qui c’è ancora tanto da scoprire e mi piacerebbe partecipare a una spedizione archeologica, per il momento non ho trovato niente ma magari qualcosa viene fuori. Il paesaggio è dominato dalla Piramide Rossa, che poi rossa non è, ma è grandiosa e perfetta nel suo rigore geometrico, fu costruita per volere del Faraone Snefru, babbo di Cheope e fondatore della quarta dinastia. Snefru fece costruire tre piramidi, la prima a Medium qualche decina di chilometri più a sud, all’interno dall’oasi di Al-Fayoum, che si ispirava alla più antica piramide quella a gradoni di Saqqara costruita dal geniale architetto Imhotep circa 4700 anni fa per il Faraone Zoser. La prima piramide non gli venne bene, ma Snefru non si perse d’animo e raddoppiò facendo costruire qui a Dahshur prima la Piramide Romboidale e poi la Rossa dove, finalmente soddisfatto, diede ordine di farsi seppellire. I due monumenti a quarantasei secoli dalla loro costruzione dominano ancora la scena entrambi alti centocinque metri e distanti fra di loro solo un paio di chilometri. Siamo ormai sotto la Piramide Rossa che a differenza delle piramidi di Giza conserva ancora diversi lastroni bianchi di calcare che in origine la rivestivano completamente, da qui l’imponenza dell’edificio mette soggezione e mi immagino l’effetto che doveva suscitare nella psiche dei sudditi del Faraone. Il silenzio e l’assenza di visitatori rende il tutto ipnotico, gli giro intorno le pareti perfette tutte inclinate di quarantatre gradi sembrano variare il loro angolo e la loro lunghezza ad ogni passo, c’è un fascino sovrannaturale dal retrogusto lievemente angosciante all’ombra di questo solido. Come uscita da un vecchio film si avvicina lenta una vecchia peugeot, al volante un anziano autista che trasporta una giovane pallida turista con capello di paglia, il tempo di una foto e ritornano verso la strada lasciando il ricordo di un immagine piacevolmente retrò. Verso est in lontananza si staglia la sagoma da grande termitaio della Piramide Nera di Amenemhat III, sullo sfondo il verde dei palmeti che sovrastano i coltivi intorno al Nilo e poi le ciminiere delle tante fornaci di mattoni che colorano il cielo di fumi neri in un tetro miraggio da prima era industriale.
Ormai è quasi ora di chiusura, proviamo a raggiungere anche la Piramide Romboidale passando da una depressione per eludere le guardie ma senza successo. Arrivano i gendarmi, è scoccata l’ora x e si chiude tutto, è un gran peccato perché ora c’è la luce più bella. Una volta capito che siamo a piedi ci fanno salire con loro nel cassone chiuso del camion, “Italia Ornella Muti” finalmente si cambia non ne posso più di “Italia giuventus bellusconi” Siamo una quindicina nel cassone, noi e i militari della polizia turistica, tutti vestiti di nero e i baffi da cattivi, fa un effetto strano sentirsi chiedere  souvenir, stilo e bon bon da gente che imbraccia il mitra, comunque ci fanno un gran favore perché ci scarrozzano fino alla fermata dei minibus. Soliti cambi, poi metro e di nuovo nel traffico infernale del Cairo. In serata troviamo un bar con la wi-fi gratuita dove fanno un eccellente caffè espresso.

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Un Bimbo (Al-Arish, Sinai Egitto venerdi 13 febbraio 2009)

 

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C'è chi lo chiama terrorista, chi lo vorrebbe martire, Yasser è solo un bimbo che vuole diventare grande.

   

Luned?¨ 16 febbraio 2009 Giza – Egitto

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Le meravigliose Piramidi di Giza e la metro per sole donne


Partenza in metropolitana che è incredibilmente pulita, efficiente e moderna, oltre che economica con mezzo pound si arriva alla stazione di Giza, dopo le solite trattative si prende un pulmino che ci scarica vicino alla zona delle Piramidi con una spesa di un pound. Nel sito ci sono già tanti turisti tutti in fila davanti alla sfinge ma già risalendo la strada lastricata verso la piramide di Chefren imponente e perfetta nella sua grandiosa forma geometrica, la folla svanisce. Ci spostiamo nella zona dietro la piramide di Cheope dove c’è un grande complesso funerario, fra la sabbia sono migliaia i pezzi di ceramica, non c’è nessuno e pur essendo nel più famoso e frequentato sito archeologico del mondo sembra di essere degli esploratori. Salendo verso l’alto è ancora più impressionante la morsa di cemento del Cairo che sta cingendo e ingoiando questo plurimillenario luogo che rappresenta  una delle manifestazioni più elevate dell’ingegno umano. C’è un intero quartiere in costruzione alle spalle della collina della piramide che avanza inesorabile con centinaia di palazzi grigi, è una rappresentazione drammatica e spaventosa della bramosia vorace del nostro tempo, questa morsa di cemento altro non è che il male che avanza. Siamo a poche centinaia di metri dal cuore del sito ma è  una dimensione totalmente estranea al flusso turistico, ci sono delle baracche semidistrutte in cui vivono persone, è una piccola zona di lavorazione della pietra dove vengono preparate le lastre di calcare per i restauri. Si scende verso la grande piramide di Cheope i cui blocchi da vicino sono ancora più impressionanti, è talmente grande che da vicino non si riesce a fotografarla e il vento rafficato che fischia ululante sbattendo contro l’immensa struttura ne esalta ancora di più il fascino e il mistero. Sul lato Nord della piramide c’è l’ingresso per entrare nel cuore della tomba e vedere la camera funeraria di Cheope, è impressionante salire dentro questa struttura scarna e mastodontica, si sale rapidamente una lunga rampa, più che un monumento di 4700 anni fa sembra un qualcosa di sovrannaturale o di proveniente dal futuro, enormi lastre geometriche perfette nella forma e regolari nell’inclinazione si chiudono intorno al grande cunicolo, è una dimensione  molto “fantascienza”  l’ultimo tratto è orizzontale, si passa gattoni e si entra nella  tomba di Cheope, un parallelepipedo di granito con il soffitto formato da mastodontici e perfetti blocchi e poi ai margini del lato destro lo scarno sarcofago di granito. Nel buio quasi totale della stanza si vedono le facce eccitate ed esaltate dei pochi visitatori, c’è anche un’americana che si è messa a “pregare” a fianco del sarcofago, qualche minuto e poi la discesa. Ci godiamo lo spettacolo della piramide dall’esterno, dal piazzale lastricato del lato orientale che si trova fra il colossale monumento e le piccole piramidi dove si dice siano state sepolte mogli, sorelle e figli secondari del Faraone. Ci spostiamo verso la grande piramide di Chefren che sembra la più alta per via del fatto  che è costruita più in alto ma è alta “solo” 136 metri, dieci in meno di quella del padre che per legge stabilì che nessuna piramide potesse superare la sua in altezza. È la piramide più bella con la parte sommitale che ancora conserva le lastre della copertura finale di calcare, doveva essere uno spettacolo incredibile vedere queste gigantesche piramidi ricoperte di lastre lucenti che specchiavano il sole. Ormai i turisti sono quasi tutti andati via e anche i vetturini con le carozze e i noleggiatori di cammelli stanno cominciando a rientrare, le nicchie scavate dentro la roccia alle spalle della parete ovest della piramide, sono un punto di ritrovo per le giovani coppie di fidanzatini egiziani. Si cammina nel deserto spazzato dal vento e poi si arriva alla piramide di Micerino anch’essa enorme e con a fianco altre piramidi minori, ma a confronto di quelle intitolate a Cheope e al figlio è ben poca cosa, è anche la più danneggiata perché  nel 1186 Malek Abdel Aziz sovrano dell’Egitto del tempo, si mise in testa di distruggerla. Fece smantellare una porzione della parete nord dai suoi uomini, ma dopo pochi mesi dovettero rinunciare per incapacità, erano passati tremila settecento anni dalla costruzione della piramide e l’involuzione era stata così marcata che non si sapeva nemmeno più distruggere quello che gli antichi avevano mirabilmente costruito.
Mentre si cammina dalla sabbia spuntano continuamente reperti in pietra e ceramica, saliamo sopra una piccola collinetta e da qui il panorama diventa ancora più bello, alle meraviglie di Giza, sullo sfondo a sud ovest, si aggiungono altre piramidi sono quelle di Abu Sir.
Rientriamo tra i richiami e le richieste di soldi delle guardie a cammello, una volti usciti dall’area archeologica ignorando i tanti tassisti a caccia di polli da spennare, raggiungiamo la strada principale dove con una spesa ridicola raggiungiamo la stazione della metro di Giza. Le banchine dove si aspetta la metropolitana hanno delle aree riservate alle sole donne e anche i vagoni hanno la stessa divisione, i vagoni per le donne sono segnalati da targhe rosse o verdi con disegnate dentro le donnine stilizzate. Salgo in un vagone per sole donne, essere straniero ti concede anche il vantaggio di fare il finto tonto per vedere e vivere situazioni altrimenti non tollerate, comunque l’impertinenza produce solo risate. Si cambia linea e questa volta un gruppo di velate bacchettone mi cicchetta dicendo che quello è un treno per sole donne, naturalmente non manca la classica zitellaccia acida che fomenta la protesta. Soddisfatti per la bella giornata si rientra.
 

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Domenica 15 febbario 2009 Il Cairo – Egitto

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Cheope: minima statua, massima piramide

In mattinata si va a vedere il Museo Egizio, ci sono tanti giapponesi, europei e americani, non ci sono più abituato a vedere le donne in canottiera e gli uomini in pantaloni corti e mi fa strano. All’ingresso nonostante le decine di adetti alla sicurezza i controlli sono inesistenti, il museo è strapieno di reperti, c’è una quantità impressionante di statue, più che un museo sembra un grande deposito, specialmente nelle sale laterali è tutto avvolto nella polvere e le teche di legno con i lucchetti impiombati e le didascalie scritte a penna su fogli di quaderno riportano alle romanzesche storie dell’epoca archeologica dello scorso secolo. Non è un museo moderno ma è sicuramente un luogo di grande fascino, sembra che ci siano esposti più di 120.000 pezzi, provo a immaginarmi i famosi depositi del museo dove si dice siano ammassati senza essere catalogati milioni di reperti, deve essere un posto incredibile.
Ci si sente osservati dalle centinaia di statue che adornano ogni angolo, dai mille volti imperturbabili, da quelli delle colossali statue che raffigurano il Faraone Amenthotep III e sua moglie Teye, alla bellissima  raffigurazione in diorite nera di Chefren a grandedezza naturale, fino alla perfetta nella sua espressione imperturbabile piccolissima statua di Cheope. Raffigurazioni di faraoni e regine come Micerino, Akhenaten e Nefertiti, Ramses  II, Hatshepsut… divinità Amon, Hathor, Bes… nobili, soldati, operai, panettieri, impossibile vedere tutto, ancora più impossibile descriverlo, di certo la percezione di un passato straordinario. Al piano superiore il famoso tesoro di  Tutankammon che merita la sua grande fama anche se non mi suscita l’emozione della prima volta che lo vidi e poi ancora meraviglie come le mummie reali dove spicca la somiglianza fra il faraone Sethi I e quella del figlio Ramses II. Gli antichi egizi mummificavano tutto cani, gatti, babbuini, ibis   anche i pesci, ce n’è uno che assomiglia in maniera impressionante a uno visto in un mercato di Alessandria che però non era mummificato ma putrido. Alcuni reperti sembrano dimenticati da tutti, ci sono scaffali con centinaia di statuette di turchese abbandonate nella polvere, mentre le mummie del periodo greco romano si stanno struggendo sotto il sole che filtra dal lucernaio.
C’è ancora tempo per andare a Giza per vedere le famose Piramidi, i tassisti qui fuori sono a caccia di polli da spennare, chiedono 50 euro ma poi si va con 15 pound, circa un euro e mezzo ed è un prezzo esagerato, un tassista con un pollo europeo, giapponese o americano in mezz’ora può fare il guadagno di una mesata.
Il quartiere di Giza è povero ma tranquillo, prima di andare nella zona delle Piramidi si va a fare un giro, ti sposti di pochi metri e si torna nell’Africa che mi piace, fatta di persone povere ma gentili e sorridenti, con tre pound si mangia, compreso il “mix” un favoloso beverone egiziano di banana, fragola, yogurt e mela. Poi lasciati i vicoli polverosi del quartiere popolare si entra nel sito, c’è tanta gente ma stanno uscendo tutti, in pochi minuti il sito si svuota, sembra la situazione perfetta ma i poliziotti a cammello cominciano a chiedere mance e a dire che è ora di chiudere, il fatto che in pratica ci siamo solo noi peggiora la sitauazione. È comunque un luogo magico e le Piramidi di Cheope e Chefren sono semplicemente grandiose, stiamo dentro il più possibile ma poi bisogna uscire è ora di chiusura e scortati da tanti poliziotti a cammello si esce. Solito mercatino si parte da 60 dollari e poi con 15 pound si rientra, ma domani si torna, le mitiche piramidi di Giza le voglio vedere perbene.
 

   

Sabato 14 febbraio 2009 Al-Arish – Egitto

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Il deserto che incontra il mare
Le notizie che arrivano da Gaza non sono buone, c’è stato un altro raid, a un certo punto sembra che ci sia una possibilità per entrare ma poi non si concretizza, quindi si va alla stazione dei bus e si parte in direzione Cairo. La strada scorre dritta lungo costa a rincorrere il sole in un paesaggio di sogno con le dune del deserto che incontrano il Mediterraneo, a volte il mare si incunea fra le sabbie creando delle insenature surreali e di tanto in tanto fra le dune spuntano dei piccoli laghi salati. Ci sono ancora tanti pastori beduini nomadi che vivono qui, abitano in piccole capanne di canne e sono molto più numerose di quello che pensavo, sono immagini che sembrano uscite dai racconti della bibbia e dei vangeli, con i bimbi che giocano mentre controllano i greggi delle capre e le donne che rientrano verso le capanne sul dorso dei piccoli asini, dopo essere state a recuperare un po’ di legna.
Man mano che pone il sole il paesaggio diventa sempre più bello ed evoca storie leggendarie e lontane come quella della fuga in Egitto di Giuseppe, Maria e Gesù un paio di millenni fa, ma ci sono anche tanti reticoli di filo spinato che segnalano i campi minati che rammentano storie di guerre molto più recenti.
E’ già notte fonda quando ripassiamo dal ponte sul canale di Suez, siamo nuovamente in Africa fra i coltivi e i canali del Nilo. Poi inizia il traffico del Cairo, che di notte sembra ancora più infernale, dopo un paio d’ore arriviamo alla stazione centrale, camminare con gli zainoni nel caos del traffico del Cairo non è un’esperienza rilassante, comunque nel giro di un’oretta ci piazziamo e poi si va a cercare qualcosa da mangiare in questa metropoli devastata da fast food e spazzatura.
  
   

Venerd?¨ 13 febbraio 2009 Al-Arish ‚Äì Egitto

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Rispediti al mittente
Partiamo con un collettivo per Rafah con l’intenzione di entrare nella striscia di Gaza per capire meglio quello che sta succedendo e per dare una mano. Siamo in contatto telefonico con Vittorio Arrigoni, l’attivista pacifista di guerrillaradio unica voce italiana da Gaza nei giorni dell’operazione piombo fuso. Conoscere Vittorio è un ulteriore motivo per entrare nella striscia, mi farebbe tanto piacere parlarci. Al posto di blocco prima di Rafah svanisce il sogno di entrare, i militari egiziani ci fanno scendere e ci rispescono indietro, attraversiamo il breve tratto di deserto che divide le due carreggiate da e per Rafah accompagnati da tre militari, il capoccia non è che sia molto simpatico, quando vede che mi diverto ad osservare le grandi formiche che camminano sull’asfalto si avvicina con fare da bullo e le schiaccia calpestandole. Aspettiamo qualche decina di minuti poi ci fanno salire su un collettivo e si ritorna a Al-Arisch dove si apprende che nonostante la tregua concordata fra Hamas e Israele gli scontri continuano, se prima era complicato entrare nei prossimi giorni lo sarà ancora di più, domani si torna al Cairo. Nella piazza del paese ci sono ancora un po’ di scalpellini, se ne stanno seduti sul marciapiedi in attesa di richieste di lavoro con il loro corredo, una mazza, un mazzolo e qualche scalpello tenuti insieme da due fasce elastiche fatte con i resti di camere d’aria dei pneumatici. In serata mentre si sta mangiando il rumore di un aereo militare inghiotte tutti i suoni, per un attimo tutto sembra fermarsi, anche il respiro, poi tutto ricomincia fra sorrisi e voglia di allegria che si propaga veloce come per esorcizzare la paura. 
 
   

Gioved?¨ 12 febbraio 2009 Al-Arish ‚Äì Egitto

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Il Sinai
Doppia discussione prima di partire per Al-Arish, con il tassista che ci ha accompagnato alla stazione dei bus e con il bigliettaio per caricare i bagagli sul pullman, comunque si parte senza problemi su un pullman mezzo vuoto. C’è una coppia accanto a noi che mi ricorda San Giuseppe e la Madonna, lui avrà almeno cinquant’anni camicione e giacchetto di jeans, lei è tutta velata di nero ma dagli occhi si vede che è giovanissima avrà diciott’anni e poi ci sono le due bimbe, la grande che avrà un anno e poco più e la piccolina di pochi mesi fasciata completamente in una coperta. La campagna a ovest del canale di Suez è rigogliosa e i campi hanno un aspetto inusuale per noi, con delle strisce di terra accumulata su cui vengono seminati i coltivi sopraelevati rispetto al piano del campo che di tanto in tanto viene allagato, un sistema inverso a quello dei nostri solchi, che è tipico del delta del Nilo. Dopo una trentina di chilometri fiancheggiando il canale di Suez dove si vedono scorrere le grandi navi saliamo sul grande ponte Mubarak Peace, costruito da tecnici giapponesi, che attraversa il canale, ha una forma triangolare che ricorda vagamente una piramide e al centro un’ampia e alta campata per far passare i grandi convogli galleggianti. Siamo nel Sinai settentrionale, il panorama cambia di botto su questo lato del canale è subito deserto, tutto è arido e chiaro, dopo un po’ iniziano anche le dune di sabbia che sono più grandi di quello che immaginavo. È una zona comunque densamente popolata con una serie quasi ininterrotta di abitazioni. E’ un luogo difficile da vivere il deserto, rimango sempre stupefatto dai greggi di pecore, capre e dromedari portati a pascolare nel nulla, ma di gran lunga più impressionante è il numero così elevato di persone che vivono in questo deserto fra il nulla e il mare. Un paio d’ore e siamo a Al-Arish, l’ultimo tratto di strada costeggia il mare ormai siamo quasi sul margine orientale del Mediterraneo e Cipro e la Turchia sono vicini. Al-Arish è una cittadina in grande espansione come tutti gli insediamenti visti in Egitto ed è anche un importante centro balneare per il turismo interno. Arrivati al capolinea ci spostiamo nel centro dove troviamo un’ottima sistemazione in un fonduk  economico ma confortevole. La vita scorre tranquilla sembra impossibile che fino a pochi giorni fa, a pochi chilometri da qui si svolgesse una sanguinosa guerra, le vie cittadine brulicano di attività e tante vetrine sono pacchianamente addobbate per la prossima ricorrenza di San Valentine, più tranquillo è il tratto costiero con un’infinita spiaggia piena di conchiglie rovinata dal cemento. In serata una piacevole sorpresa con un cavo volante riusciamo ad avere internet in camera.