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campi

Umberto e Tambone

parco

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Sveglia prima dell’alba, prepariamo gli zaini e nel frattempo arriva Tambone che stamani è stranamente mansueto e si lascia caricare tranquillamente. Attraversiamo la città ancora un po’ addormentata e prendiamo la strada principale per Ifrane, ben presto circondata da spettacolari ciliegi che però in questo tratto sono molto ben protretti. Per fortuna dopo pochi chilometri imbocchiamo una strada secondaria e il traffico scompare del tutto, siamo circondati da campi di grano e piano piano entriamo nella famosa foresta di cedri che circonda Ifrane. I cedri ci sono, ma molto più piccoli e radi rispetto a quelli che abbiamo visto nella zona più meridionale del Medio Atlas, è una foresta di cedri e lecci ben tenuta, ma ha poco di selvaggio, sembra un grande giardino. Dopo un paio d’ore di cammino sullo sfondo si inizia a vedere Ifrane, sembra una città costruita coi lego, con le case bianche e i tetti rossi super spioventi. È tutto molto ordinato ma totalmente scollegato da tutto quello che è Marocco, per lo meno il Marocco che abbiamo visto finora. Di solito c’è un gran disordine e tanta sporcizia e la poca erba è rasata e contesa dai tanti animali, qui è l’esatto contrario, è tutto geometrico e pulito, ma l’erba spiga e prolifica da tutte le parti e l’unico che ne usufruisce è Tambone, che sta tosando tutti i bordi dei marciapiedi della periferia. Entriamo nel centro e attraversata l’asettica piazza, ci sistemiamo in un appartamentino con giardino. Il tempo è brutto, facciamo un giro a piedi per Ifrane fra villette e grandi edifici pubblici in stile europeo, poi proviamo a visitare il famoso college Al Akhawayn la più prestigiosa università del Marocco, dove studiano i futuri dirigenti del mondo arabo, ma non è possibile. Inizia a piovere e fa un gran freddo, andiamo a internet e ci passiamo il resto della giornata.