tarfaya

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Appuntamento alla bottega del “Paron” così lo chiamano tutti, è un Saharawi che parla benissimo il francese, con lui ho parlato di “Base Elba” e mi ha organizzato per questa mattina un incontro con il direttore della scuola. Mentre ci incamminiamo mi riconferma che a Tarfaya tutti vogliono essere amici di tutti.
La scuola è semplice non ci sono bidelli e segreterie, solo professori e studenti. Il direttore ha fretta, deve andare a Lannyoune per una riunione importante. Gli spiego velocemente il progetto, all’inizio è un po’ perplesso soprattutto per la mia incapacità di comunicare in francese ed in inglese ma poi grazie all’aiuto di Serena, del “Paron” e di un Prof particolarmente entusiasta, la cosa prende una buona piega. Gli piace sopratutto che dietro non ci sia nessun ente o compagnia petrolifera, si tratta di uno scambio “alla pari” fra realtà e culture differenti, cercare di accrescere la curiosità e la conoscenza, la tolleranza e la collaborazione fra i bimbi del mondo che abitano in posti isolati e su isole. Ci scambiamo gli indirizzi, sono contento, è la prima pietra di un progetto che se seguito con impegno e costanza darà frutti rivoluzionari.
Mi sposto al porto, le barche dei pescatori stamattina sono uscite e ora stanno rientrando, portano a terra soprattutto totani e seppie giganti ma anche razze e grandi pesci che loro chiamano Corvina ma che nulla hanno a che vedere con le nostre corvine.
Il pesce viene venduto principalmente alla grande pescheria del porto dove viene preparato per essere caricato sul “grande barco” e venduto alle Canarie.
Mi viene voglia di risotto con la seppia, chiedo a un pescatore se mi vende una seppia, me la fa scegliere e poi me la regala.
Nel porto ci sono grandi lavori: grossi camion portano sassi e una draga gigante sfonda il porto, è dissonante questo grande molo in costruzione con le piccole barche dei pescatori. Arriva la nave dalle Canarie, la manovra è molto lunga. Il primo tentativo fallisce goffamente, entra troppo larga e rischia di insabbiarsi. Mi diverto a vivere l’ilarità che produce l’impaccio della nave fra i pescatori, proprio come quando guardi i milanesi che ormeggiano al porto di Campo.
Le vie del paese sono tutte sconvolte perché stanno facendo le fogne, è un “lavoraccio”, perché è tutto sabbia (basta la pala, il piccone un serve) e frana, ma soprattutto appena sfondi un po’ di più, entra l’acqua del mare. Alcuni operai sono proprio buffi, scalzi col vestito lungo il turbante e l’elmetto. Certi pregano sempre.
C’è sempre più persone che ci salutano, la notizia di Base Elba si è diffusa a macchia d’olio, mi chiamano il professore italiano… “dovesse pe come parlo bene l’francese”…
In serata incontro un francese con cui ci eravamo scambiati un saluto due giorni fa. Anche lui vuole sapere di “Base Elba”. È un artista, un pittore di Tolosa che si stà comprando casa qui e ha in progetto di allestire a Tarfaya una mostra fotografica con foto di un viaggio che parte a Parigi e arriva in questo paese.
Sta traducendo per due spauriti motociclisti francesi in fuga dalla Mauritania dove sono stati presi a fucilate. Il loro sguardo mi fa venire in mente l’assasino del “Pescatore” di De Andrè.