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I miracoli  Biblici rivisti da Siwa
Ancora tempo bello, il tanto temuto Khamsim “il vento delle sabbie” non si è fatto più sentire. Entriamo dentro la parte occidentale dell’oasi, una grande distesa di palme e olivi che si estende fino ai confini del deserto di sabbia, sono tante le sorgenti calde che alimentano i canali, alcune sono allacciate in condutture che confluiscono in grandi vasconi, altre più piccole sbucano come per miracolo bolleggiando dal terreno e vanno direttamente nei canali, i quali sono regimati da tante piccole chiuse fatte con lastre, sassi e cenci che diventano rossi per la forte presenza di ferro che c’è in queste acque termali. È tutto coltivato intensamente ci sono solo poche radure di solito create dove il terreno è troppo salato per l’agricoltura, dove vengono stesi al sole i datteri a seccare. Dentro l’oasi è tutto molto preciso ed ordinato ed ogni proprietà è recintata con fronde di palma intrecciate, in modo da non fare vedere niente, c’è un forte senso della proprietà e tutti quando entrano nel loro orto chiudono il cancello per evitare che qualcuno curiosi fra le palme e gli olivi. Spostandosi ai margini del verde, andando in direzione del lago, troviamo una grande piccionaia a forma di torre a pianta cilindrica costruita con sassi e blocchi di sale e rivestita di fango, oltre ai buchi ci sono decine e decine di legnetti che sporgono dalla muratura per fare da sostegno ai piccioni, disegnando sulla piccionaia un gioco di ombre stile meridiana. Si prosegue dai campi verso l’isola di Fatnas dove si trova una delle sorgenti più famose dell’oasi, lungo la via nella terra rossa e sterile ci sono delle pozze d’acqua bassa sulle quali il sale compattato brilla, sembra un ambiente sterile ma una lucertola fulminea che schizza da sotto una lastra di sale ci spiega che non è così, il sale si è cristallizzato in forme bizzarre, alcune mi sembrano isole, altre seppie. Questa zona di pozze si spenge nella laguna che spostandosi verso l’isolotto diventa più ampia e bella, colorata anche dai riflessi nell’acqua dei tanti giunchi e delle canne, un po’ più a distanza ci sono i fenicotteri, mentre le rondini ci volano intorno cercando di catturare gli insetti a pelo d’acqua. In realtà l’isola di Fatnas è collegata da una strada rialzata per farla raggiungere dai fuoristrada delle gite organizzati, ma la si può tranquillamente raggiungere con un viottolino a pelo d’acqua su cui un Siwano, lasciata la bici, si sta incamminando con il suo camicione bianco che fa tanto Gesù che cammina sulle acque. Questa oasi osservandola rende verosimili, umanizzandole, alcune epiche storie Bibliche: Gesù che cammina sulle acque, Mosè che batte il bastone e trova l’acqua, per dilla alla Bonalaccese  “a trovaccisi nell’epoca giusta in un posto così ‘na volta studiate a modino le secche e le polle c’era da campacci da signore a fa’ il Profeta”.
Arrivati sull’isola troviamo la grande pozza di acqua tiepida con le bollicine che vengono su dal fondo, sembra profonda una decina di metri, il colore blu verde la rende invitante, purtroppo il contorno è un po’ tristarello perché ci sono tante palme che stanno seccando per effetto dell’aumentata salinità del terreno, causata da malsani progetti di modernizzazione agricola, anche la famosa palma orizzontale affacciata sul lago, che a Siwa, fotografata o disegnata, si vede un po’ da tutte le parti, è ormai seccata. C’è anche un barettino per i turisti che sono attesi per il tramonto, con le immancabili birre fredde tanto gradite agli infedeli, ma ora è tutto chiuso e il poliziotto “previeni attentato” e i due gestori del bar stanno pennicando di brutto sdraiati all’ombra del casotto, tanto che non si accorgono della nostra presenza.
La laguna è bella e nei prossimi giorni ci voglio tornare, ma ora devo rientrare a Siwa perché fra un paio di ore ho un appuntamento su skype con Michelangelo perché voglio fare delle modifiche al sito.