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Farhat Hachet

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Pietro Gori

 

La Luna Nera 
C’è vento forte di maestrale stamani e le barche sono tutte ferme in porto, però si sta bene perché finalmente si respira. Facciamo un giro sul mare e fra i cantieri che non si fermano mai, poi si compra il pane caldo e si torna a casa, io a scrivere e Serena a scegliere le foto. In serata andiamo a Ramla dove siamo stati invitati alla festa di fidanzamento di Sami.
Internet è sempre abbuiato per la visita del presidente Ben Ali che è atteso sull’Isola questa sera. È una serata piacevolmente  ventosa, la luna è piena ma piano piano scompare oscurata da un eclissi  totale. Le stelle si riaccendono intorno alla Luna Nera, proprio Lei la luna tetra che porta l’angoscia nella notte più luminosa, Lei quella del malocchio, richiamo di adunanza per streghe e divinità malvage nelle leggende di mare, segnale di sventure, sortilegi, malie e anche attacchi pirateschi. Evoca mille immagini fantastiche ammirata dalla spiaggia che la marea ha inventato al posto del mare, sicuramente suggestiona meno rientrando nel centro di questa Ramla di bandiere e festoni con i militari che fanno capolino da tutti gli angoli.
Ci chiamano, è Samir con un suo amico, ci caricano in furgoncino e ci portano alla sede del sindacato dove è in corso la festa di fidanzamento. Cerco Sami ma non lo vedo, Samir me lo indica, è irriconoscibile impacciato dentro un vestito da continentale d’ufficio, sembra un testimone di Geova con la divisa d’ordinanza per anda’ a rompe’ i coglioni alla gente nelle su’ case. I festeggiati sono sul doppio trono coronato, la ragazza imbalsamata nel suo costume e il povero Sami spaurito ed estraneo al contesto voluto e organizzato dalla fidanzata di origini Kerkrnniane ma ormai Sfaxiana di residenza e di modi, come ci spiega Naima che ci tiene a prendere le distanze dalla cerimonia  in stile continentale voluta e offerta dalla sposa, anche Naima ci conferma che nessuno del villaggio riconosceva Sami sbarbato e senza l’immancabile cappellino.
Musica a palla araba e internazionale con Shakira che la fa da padrona, i famosi dolci di Sfax considerati i migliori della Tunisia buonissimi e simili a quelli siciliani e succhi di fragola e limone.
Giro per la sede del sindacato intitolata a Farhat Hachet e Habib Achour i sindacalisti più importanti della storia tunisina, entambi originari del villaggio di Abassya e orgoglio di tutti i Kerkenniani. Le foto in bianco e nero li ritraggono impegnati in grandi manifestazioni in favore dell’indipendenza dai francesi, per le donne, per i diritti dei lavoratori, per il diritto alla pensione. Esposti nella sede ci sono foto dell’intifada  e manifesti di sostegno alla nazione palestinese, denuncia per il processo sommario subito da Sadam Hussein alla prepotenza statunitense di cui Busch ne è l’icona negativa e alle multinazionali del petrolio che stanno diventando le padrone del golfo di Gabés. Fra queste foto questi manifesti e questi ciclostilati ci starebbe bene una foto di Pietro Gori col baffo lungo e l’occhio lungimirante, e anche un poster con la faccia serena e fiera dell’Anarchico gentile e a fianco il testo nei bei caratteri arabi di “Per la felicità di tutti gli uomini”.
Nelle foto di Hachet e Achour osservo i loro sguardi fieri e gli occhi speranzosi di chi li ascolta che  mi rammentano le foto di Gori eroe senza macchia e difensore dei poveri, primo protagonista dei racconti sotto la leccia alla Bonalaccia. Racconti dove gli anarchici erano considerati come i marabutti qui: uomini retti ed eccellenti, le cui azioni erano figlie dell’idea e non dell’interesse.
Le foto del corteo funebre di Farhat Hachet morto assassinato nel 1952 sembrano clonate dal funerale dell’autore di Addio a Lugano, c’è il piroscafo e il bagno di folla sull’Isola e sul continente, Pietro come Farhat, un’associazione che mi viene istintiva e che voglio approfondire.
I poliziotti vengono a dire che è ora di interrompere i festeggiamenti, sta arrivando il presidente Ben Ali e bisogna togliere le tante macchine che occupano la strada. Ramla è imbandierata e illuminata dai lampeggianti di camionette e volanti che riflettono la loro luce ad intermittenza sulle gigantografie della propaganda. In un’atmosfera da Blad Runner magrebino saliamo tutti in macchina a sei sette per auto e facciamo ritorno a El Lattaya come se fosse un rientro a Mompracem, mentre mi immagino una Ramla colorata con la gente in festa per le strade e in qua e in là le gigantografie in bianco e nero di Pietro Gori con a fianco scritto  “da ciascuno secondo le proprie forze a ciascuno secondo i propri bisogni”. 
Samir è rimasto deluso dalla serata e mi chiede scusa per avermi portato a questa festa da continentali che poi è venuta anche male perché per la visita del presidente hanno bloccato i traghetti e non è stato possibile portare tutta la coreografia, ma per me è stata una serata densa di emozioni per i tanti pensieri e perché  mi sono sentito parte di una comunità.