Image

Image

Image

Image

Image

Image

Image

Image

Image

Image

Image

Image

 

L’involuzione

Solito avvicinamento a Dahshur in un avanti e indietro di pulmini, poi entriamo nel sito. Dopo il primo richiamo di un poliziotto che ci riporta sulla strada principale riusciamo a entrare nel deserto passando da uno scavo in corso effettuato da un’equipe tedesca. Andiamo verso la Piramide Nera che rispetto alle imponenti sgome geometriche delle due piramidi fatte costuire da Sefru sembra poco più di un cumulo di terra. La piramide è molto vicina al villaggio che si sviluppa a margine del grande palmeto che fiancheggia il corso del Nilo, da vicino finalmente si capisce bene che è opera dell’uomo e anche che è in uno stato di degrado avanzato dovuto all’incuria. Veniamo circondati da un gruppo di ragazzini che usano il monumento come un parco giochi, salendo su ci si rende conto dell’imponenza e allo stesso tempo della precarietà di questo originale monumento fatto costruire dal Faraone Amenemhat III nel IX secolo a.c. durante il periodo denominato medio regno. Si intuisce la forma unica di questa piramide che si sviluppa con una torre nella parte più alta costruita interamente in mattoncini di pisé (paglia e fango) è un monumento gigantesco anche se non ha l’imponenza e la perfezione delle due grandi piramidi di Snefru costruite in pietra ben ottocento anni prima. Durante questo viaggio ogni volta che visitiamo un sito archeologico si ha l’impressione che la civiltà nel corso dei secoli si sia involuta e questa sensazione è forte più che mai qui in Egitto, dove i monumenti più spettacolari sono sicuramente quelli più antichi. Il panorama da questa altura artificiale è magnifico, si apre a ovest verso il deserto dove catalizzano l’attenzione le grandi piramidi di Snefru per poi perdersi nell’aridità del deserto occidentale, mentre ad est si estende la larga e rigogliosa striscia verde che fiancheggia il corso del Nilo oltre la quale si vedono centinaia di ciminiere di fornaci il cui fumo, oggi acciaccato dal vento, fa sembrare ancora più infernali. Il luogo è magnifico ma la compagnia sempre più numerosa, in un delirio di esibizionismo, sta degenerando in atteggiamenti distruttivi nei confronti del monumento e della pazienza. Quindi a malincuore decidiamo di riprendere il cammino nella sabbia alla volta della grande Piramide Romboidale, che vista da vicino, dopo una mezz’ora di cammino, si rivela più enorme e imponente che mai nella sua poderosa forma originale causata da un cambiamento di progetto in corso d’opera, quanto i suoi realizzatori si resero conto che la costruzione non era in grado di sostenere l’inclinazione di cinquantaquattro gradi delle pareti e per evitare un collasso strutturale addolcirono l’angolo portandolo a quarantatre gradi, riuscendo a chiudere la gigantesca opera a centocinque metri di altezza. Di tutte le Piramidi questa, pur essendo la più antica, è quella esteriormente meglio conservata e mantiene gran parte delle grandi lastre di rivestimento. Teoricamente la zona dovrebbe essere interdetta alle visite perché dentro il territorio di una base militare ma per fortuna non è così, dopo poco arriva anche un pulmino di turisti per una breve visita. Il tempo scorre veloce e l’orario di chiusura si avvicina, attraversando una distesa di sabbia e cocci arredata di templi e vie lastricate che si intuiscono fra le piccole dune, arriviamo alla meravigliosa Piramide Rossa, il punto di arrivo dei superbi architetti di Snefru. La perfezione esterna si amplifica discendendo all’interno del colosso di pietra, ancora più spettacolare e perfetta di quella del figlio Cheope, si scende per diverse decine di metri attraverso una ripida discenderia che porta alle stanze funerarie sotterranee al centro della piramide. Le enormi lastre di granito salgono dalle pareti fino a chiudersi in una stretta volta triangolare, si ha effettivamente la sensazione di essere all’interno di un’opera sovrannaturale eppure queste enormi lastre di una perfezione geometrica assoluta sostengono un peso di milioni di tonnellate da più di 46 secoli. Visitiamo le tre camere nel cuore della piramide e poi ritorniamo in superficie risalendo la faticosa rampa, il custode ci sta chiamando ormai non c’è più nessuno e l’orario di chiusura è già scaduto. Anche stavolta facciamo rientro con il camion dei militari che ci riconoscono e ci riaccompagnano fino al paese da dove con il solito scambio di pulmini rientriamo fino a Giza e da lì con la metro al centro del Cairo.