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La luce del mattino non lascia dubbi la giornata è di quelle belle, troppo per non essere goduta, decido di fare una camminata fino al ponte naturale di Imi Nifri, una delle attrazioni naturalistiche della zona. Lasciamo il paese e iniziamo a salire sulla collina di rimpetto, ci sono tanti olivi, salendo ci si rende meglio conto della grande espansione in corso a Demnate, è tutto un cantiere. Dalla strada parte un sentiero che arriva a una sorgente dove un gruppo di donne tutte velate sta andando a prendere l’acqua si tratta della (qui) famosa sorgente del Marabutto Sidi Bouyalbakhte che si dice abbia proprietà miracolose, sarebbe bello fare delle foto, ma per i soliti motivi mi limito a qualche scatto da lontano. Sulla strada c’è un posto di blocco, dove gentilmente ci fermano per sapere chi siamo e dove stiamo andando, insistono per convincerci a fermare una macchina e farci accompagnare, ma gli facciamo capire che preferiamo andare a piedi, dopo qualche chilometro arriviamo a Imi Nifri, è veramente suggestivo: una gola stretta e alta sormontata da un grande arco naturale di roccia, ultima fetta di roccia rimasta, la gola è piena di piccoli corvi dal becco rosso che disegnano mirabili acrobazie.
Una scalinata porta fino al letto del torrente dove l’acqua ha disegnato sinuose paraboliche nel calcare bianco, facciamo un giro intorno al torrente e poi andiamo a vedere una grande grotta sul lato sinistra della gola ricca di massicce stalattiti. Dopo iniziamo a spostarci in direzione del grande arco, la roccia è ricoperta dal guano dei piccioni e dei corvi, dal soffitto cola tanta acqua che sembra piovere, è molto suggestivo ricco di stalattiti e fori creati dall’acqua, ricorda gli archi naturali sulla costa Orientale di Pianosa ma la dimensione è molto maggiore e la roccia diversa, risalendo trovo un camminamento dentro la roccia costruito dall’uomo che risale quasi fino al livello della strada, sembra una galleria militare.
Giriamo un po’ per la campagna, le case sono semplici, la sensazione è di viaggiare indietro nel tempo, più che in Africa mi sembra di essere nell’Elba pre-turistica fra galline, asini e strade polverose, mancano i pagliai e le cantine, anche le donne pensandoci bene non sono poi vestite così diversamente, anche se qui hanno la scellerata abitudine di portare la falce al collo, oltre i campi rivediamo le vette innevate dell’Atlante. Ritornando ci fermiamo a vedere la costruzione di una Kasbak finta, la forma è tradizionale ma è fatta in muratura ed è destinata a diventare un albergo, l’intonaco è fatto nella maniera tipica, mischiando merda e fieno, più precisamente pulitura di concimaia con terra rossa e acqua, poi ci mettono anche un pochino di cemento e di ossido rosso, ma questa è una variante moderna, impastano tutto a mano dentro delle vasche e poi la stendono tipo intonaco, il risultato finale è molto bello. Anche i ponteggi sono all’antica coi i pali di legno infilati nei buchi delle mura e il tavolone (uno) appoggiato sopra, qui le norme di sicurezza sui cantieri sono un miraggio e forse nemmeno quello.

Rientriamo in paese a buio e ci prendiamo una macedonia con lo yogurt, la specialità della “nostra latteria”. C’è burrasca il tempo minaccia pioggia e la “corente” traballa, mentre scrivo il trasformatore del computer fa una fumata: è andato.