Image

Image

Image

Image

Image

 

Al mattino il cielo è grigio e sulle vette sembra nevicare, meglio così perché questa giornata la devo dedicare a scrivere. Tabant è un posto immerso nella natura e nel passato lo si percepisce anche dai suoni che si ascoltano dall’interno di una stanza: lo scorrere dell’acqua dei canali sempre più forte per lo scioglimento delle nevi, le folate di vento violento che improvvise scendono nella valle, il suono degli zoccoli degli animali frenetico e tintinnante quello degli asinini, lento e dimesso quello degli asini, forte e deciso quello dei muli. Sono in una stanza decorata con i tipici disegni berberi dalle forme geometriche e i colori sgargianti, fra cuscini e coperte e mi sembra di essere un nobile berbero nel suo castello di fango. Nel pomeriggio il cielo si apre e si vede bene che è scesa tanta neve, il manto bianco è più basso di almeno cinquecento metri. Scendo in paese per vedere se riesco a usare internet, la bottega è aperta, ma sta per chiudere, per fortuna c’è Beljik, un corpulento ragazzone vestito con un tunicone da marabutto, che ha una specie di telefono satellitare con cui si connette alla rete, che mi invita a casa sua. Si vede che è la casa di un appassionato di tecnologia, ci sono diversi telefoni e tastiere, un grande computer e la televisione è collegata ad un’antenna parabolica orientabile che si collega a una miriade di canali. Devo spedire tante cose, ma non posso resistere dal controllare il risultato della sfida con la Juventus su Fiorentina.it e faccio bene! Perché le notizie e le foto della vittoria in trasferta mi mettono ancora più di buon umore. Dopo aver cenato Mohammed, l’anziano padrone di casa, tira fuori una vecchissima carta della regione macchiata e consumata ma molto bella e ricca di dettagli, dove possiamo vedere molto bene il percorso dei prossimi giorni, ricco di valichi di alta quota.