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Alle 5 e mezzo entra la luce e ci si alza, fuori c’è una gran ventolata, dopo due settimane di vacanza Tambone, suo malgrado, ricomincia a marciare portando il tagrart. Partiamo in carovana, noi con Tambone, Moha e la moglie, che stanno andando a Rich dove c’è la tenda della famiglia di lei e Hssein che va al souk di Midelt a fare compere. C’è un vento che porta via e i muli sono agitati, lungo la pista ci sono tante persone in cammino verso il souk. Entrando a Midelt dai viottoli col ciuco sembra di arrivare in un posto nuovo, si passa dalle vie secondarie, compriamo il grano per Tambone, poi salutiamo Hssein e ci facciamo accompagnare da Moha sulla pista per Mibladen. Bisogna passare dalle vie secondarie perché i vigili non vogliono che gli asini passino dalle vie della città. Ci fermiamo al souk per mangiare qualcosa e qui incontriamo Mohammed con cui ero andato a recuperare Tambone due settimane fa. Mangiamo insieme nel souk sconvolto da un vento violento e poi ci salutiamo. Camminiamo sulla pista asfaltata in direzione delle famose miniere di Mibladen, dalla strada passano sempre le stesse tre macchine che fanno da traghetto tra il villaggio e il souk. Dopo un paio d’ore di strada rettilinea su un altopiano arido e rosso costellato da cantieri di escavazione entriamo a Mibladen. Arrivando è un villaggio fantasma, grande, con tante case e villette in stile francese quasi tutte abbandonate, è il classico paese nato per la miniera e morto con la miniera. Superata la zona un tempo abitata dagli europei si incontra un recinto che delimita una sorta di medina dove abitavano i minatori marocchini. Veniamo avvicinati da un omino baffuto che ci vuole vendere minerali, ci tampina e vuole portare il ciuco a casa sua che dice essere sulla montagna. Attraversiamo il villaggio, è quasi tutto abbandonato ma un po’ di abitanti ci sono, riappare il tipo di prima che ci vuole ospitare, mi vuole assolutamente far vedere dei minerali. Ci porta in una delle villette più belle, lego il ciuco e vado a vedere l’esposizione di questo mercante che è veramente molto bella. Raccoglie pezzi di tutto il Marocco, minerali e fossili, compresi alcuni tarocchi. Serena mi chiama, Tambone è steso in terra con tutto il carico e la corda che fissa la sella sotto il collo lo sta facendo soffocare. Taglio la corda mentre arriva un donnone enorme e incredibilmente rapido che in un attimo libera il mulo dal carico e poi lo tira su. Porto Tambone dentro il recinto della villa e il donnone mi fa vedere come si fanno i nodi che si sciolgono velocemente. Nel bel salottino della villa ci prendiamo il the, il mercante ha capito che con noi affari ne fa pochi e cambia subito la versione sulle distanze: prima ci consigliava di dormire qui perché Aouli è troppo lontano, ora dice che conviene raggiungerla perché lì c’è meno vento. Andiamo a vedere le miniere di galena che si trovano proprio all’ingresso del paese, sono scavate nella roccia rossa con tante grandi gallerie tutte in fila, grandi tanto da poter fare entrare dei camion e si perdono nella montagna. All’interno di queste grandi caverne artificiali ci sono ancora ben evidenti i filoni del minerale. Poco più avanti ci sono grandi accumuli di azurite e malachite e poi ancora altre gallerie. In realtà è un’estensione di molti chilometri disseminata di tanti cantieri per lo più a cielo aperto. Cantieri, discariche e villaggi di baracche si susseguono a perdita d’occhio. Come succede sempre nelle miniere abbandonate ci sono tanti ex minatoriche continuano a scavare alla ricerca di pezzi pregiati per i collezionisti, in questa zona cercano soprattutto la vanadinite rara e spettacolare con i suoi cristalli rossi. Rientriamo alla casa museo, c’è un gran vento, chiedo se c’è la possibilità di dormire qui a Mibladen, alla fine dopo una serie di ordini e contrordini rimaniamo a dormire qui. È una casa stranissima, tutta blindata, tutte le stanze sono piene di minerali e fossili c’è anche un garage dove ho messo la sella strapieno di geodi in costruzione. Madani e suo fratello (chissà se sono fratelli per davvero) sono lo stereotipo del mercante arabo, raccontano un sacco di balle e si contraddicono a vicenda, però alla fine sono simpatici e gentili e poi con questa ventolata dormirre qui c’ha fatto davvero comodo.