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Natura dolce e selvaggia
La luna piena tramonta dietro la sagoma del monte Guardia, c’è cosi’ tanto silenzio che sento il fruscio di un coppia di corvi che vola sopra di me. Saliamo alla sorgente principale dell’Isola poco distante dal cimitero, è una zona dove sono ancora evidenti le tracce dell’attività agricola, c’è  anche qualche albero da frutto ormai assorbito dalla macchia. Facciamo un giro fra i terrazzamenti abbandonati dove trovo i resti di vitigni e poi si risale verso il cimitero che è diventato il punto di riferimento per muoversi sull’isola. Oggi voglio andare verso nord ovest per vedere la scogliera che si affaccia sui Cani, che dalla vetta del monte Guardia ieri risaltava in tutta la sua potente eleganza. Fa già caldo, è estate piena e il mare è incredibilmente fermo se possibile ancora più di ieri, a largo dell’Isola stanno passando due mercantili, poco dopo  si materializza una sagoma indefinita e strana, naviga molto sottocosta rispetto agli altri scafi, poi avvicinadosi si capisce di che si tratta: c’è un sommergibile spinto da una nave a cui è appoggiato di trequarti. L’avvistamento di questo sommergibile che sembra proprio uscito da una missione dell’ultima guerra mi fa venire in mente la storia di Salvatore Todaro, un famoso comandante di sommergibili della seconda guerra mondiale che mori’ proprio a La Galite nel dicembre del ‘42 mentre dormiva a bordo di un motopesca colpito da una scheggia durante l’attacco di uno spitfire inglese. E’ affascinante la storia di questo militare anomalo diventato famoso con il nome di Don Chisciotte del mare, che attaccava le navi nemiche in emersione con cannone e mitraglia e poi rischiava e faceva rischiare ancora di più il suo equipaggio per salvare la vita ai naufraghi vittime dell’attacco. Cercando informazioni dell’isola nell’attesa dell’agognata autorizzazione ho ritrovato “Mago Baku” (altro soprannome di Todaro) di cui avevo letto qualcosa tempo fa cercando notizie su Teseo Tesei. Questa è proprio l’Isola delle coincidenze e delle ricorrenze, Todaro divento’ famoso proprio il 16 ottobre del millenovecentoquaranta quando a largo di dell’Isola di Madera al comando del sommergibile “Cappellini” dopo aver affondato la nave nemica  “Kabalo”,  recupero’ tutti i ventisette naufraghi a bordo del sommergibile e poi navigo’ in emersione per quattro giorni correndo rischi enormi fino alle Azzorre dove lascio’ liberi i suoi passeggeri.
Il sommergibile doppia la punta Nord Est de La Galite e svanisce  portandosi via i ricordi della follia bellica, ora qui c’è pace e armonia, una fantasia armonica di colori e profumi di fiori a cui si uniscono api e farfalle in questa primavera d’ottobre. L’isola è un tappeto verde formato prevalentemente da gariga bassa, ma nelle zone più umide ci sono anche piante di leccio e di corbezzolo in fiore. Sul culmine morbido del primo poggiolo troviamo una zona archeologicamente interessante, ci sono dei cerchi di pietre e diversi cumuli che sembrano sepolture preistoriche, intorno c’è anche qualche pezzeto di ceramica che rende verosimile questa ipotesi, si cammina dentro un giardino, questa parte di isola è ancora più ricca di fiori e ci sono delle vere e proprie siepi di rosmarino ed erica. Questo è il regno del silenzio, le sensazioni regalate dalle forme, dai colori e dai profumi su questo scrigno di bellezza e armonia ti si impregnano dentro senza uscire in forma di parola, come per pudore, per paura di rompere quest’incantesimo di ascolto del silenzio, e quando fermi anche il passo si apre come un nuovo universo fatto dal suono di rumori impercettibili che ti svelano le tante storie che si stanno muovendo intorno a te, anche quelle solitamente impercettibili dei grilli e delle lucertole o delle api.
Il caldo cresce insieme all’energia vitale dell’isola, anche i falchi stanno ricominciando la loro frenetica caccia sullo sfondo  di un mare immobile e dai toni cangianti da cui traspaiono grotte e buchi blu, ci si affaccia su strapiombi mozzafiato per ammirare grotte e anfratti duecento metri più in basso, qui  vivevano numerosi esemplari di foca monaca e c’è chi dice che ci sia ancora.
Man mano che ci si sposta verso la punta più esterna la scogliera diventa sempre più ardita, provo
sensazioni simili a quelle provate a Montecristo nel settembre dello scorso anno quando finalmente riuscii a stare una settimana sull’Isola più selvaggia dell’Arcipelago Toscano accompagnando l’amico fotografo Sandro Santioli per conto del National Geographic. La scogliera è ricoperta di incrostazioni giallo e arancio, che associare al Volterraio è inevitabile, ci sono tanti nidi di falchi fra cui almeno due di falco pellegrino, il promontorio finisce su un terrazzino scalpellato dal vento che si affaccia sui “Cani” è simile alla Punta dell’Enfola ma molto più alta e selvaggia senza niente che richiama alla presenza umana, sotto nel mare trasparente si vede un branco di grandi barracuda che disegnano un cerchio e alcuni pesci di grossa taglia.
ب un mondo dolce e selvaggio, la testa recisa di netto di un uccellino mi ricorda le leggi della natura   dove vince il più forte, il più svelto, il più intelligente … per essere protagonista del circo della vita  devi essere “il più” di qualcosa e nel momento in cui cessi di esserlo arriva “il più” di un’altra cosa che ti cancella dal palco, la natura è meravigliosa, armonica ed equilibrata, ma anche spietata, non è un videogioco dove se ti ammazano risuciti, l’errore e la distrazione sono spesso fatali …. Sffschtiùn …. passa il falco e l’uccellino non c’è più.
C’è un’armonia cromatica che sfiora la perfezione, erica e rosmarino, sassi, muschi e licheni, girando verso ponente la scogliera si arricchisce di decorazioni scavate dalla salsedine, anfratti perfetti per i nidi dei falchi, ora contemporaneamente in volo più di trenta rapaci che si producono in un’incredibile battaglia aerea che osservo insieme ai corvi. Il mare bellissimo, le rocce gialle, la grotta, per quanto incredibile diventa sempre più bello, questo tratto pur essendo più ripido  assomiglia tanto al tratto di Montecristo che dal Belvedere scende verso Cala Santa Maria. Attraversiamo una macchia fitta di pruni caprini e poi si ritorna verso “casa” ancora immersi nel “mare fiorito”. Le coralline sono andate tutte via, ma è arrivata una barca da diporto,  c’è aria di calma prima della tempesta, passiamo dal molo a salutare l’equipaggio del Bichi, Mohamed mi da una brutta notizia, vuole partire domani o al massimo dopodomani mattina perché poi arriva il brutto tempo e poi sta finendo viveri e sigarette e lui a quelle non ci rinuncia. In realtà me l’aspettavo, Kaled occhi bugiardi arrivando mi aveva detto “ vedrai che dopo due giorni ti stufi e mi chiederai di andare via perché sull’isola non c’è niente”. In attesa degli sviluppi ci andiamo a fare una nuotata. Lungo la spiaggia sotto il paese ci sono i pezzi di tanti relitti diversi, alcuni di navi altri di barche, forse ci sono anche i resti delle dodici coralline Ponzesi affondate tutte assieme durante una tempesta negli anni trenta, c’è anche tanta pomice probabilmente arrivata dalle Eolie.
Primo bagno a La Galite, nel mare fermo che  si increspa in superficie per la fuga verso riva di tanti piccoli pesciolini mentre i loro predatori schizzano fuori dall’acqua facendo grandi salti: la battaglia della vita non si ferma mai né in cielo, né in terra, né in mare.
Stasera si mangia capra in umido, siamo invitati dalla gendarmeria, stiamo diventando parte di questa minuscola comunità, ci sono anche i militari della marina che usano la radio della gendarmeria per comunicare con i loro colleghi di stanza su Galitone, sono sei militari che fanno servizio per due settimane e domani c’è il cambio, inaspettatamente ci propongono di andare con loro, ci invita il pilota della barca che effettua i cambi, mi dicono che se voglio possiamo salire al faro anche se secondo loro è una gran faticata e non ne vale la pena. Mohammed ci dice anche che con il nostro permesso possiamo stare ancora sull’Isola perché siamo sotto la loro tutela e siccome il Bichi torna sull’isola fra una settimana per fare un servizio per il governo, noi potremmo rimanere qui per un'altra settimana. Sarebbe favoloso rimanere, proviamo subito a sentire il Bichi ma la radio è spenta. La serata passa guardando un film comico egiziano sulla guerra del golfo e con i racconti Galitesi del quotidiano e delle storie leggendarie, come quella dell’asino suicida di Galitone: il ciuco che era addetto al trasporto dei viveri esasperato dalla fatica che doveva subire ad ogni trasporto, una mattina sentita la sirena della vedetta che arrivava, si lancio’ dalla scogliera suicidandosi.
Quando chiudo la tenda è uscito un po’ di vento, la luna si è velata, oggi la giornata è stata esaltante e domani inshallah …. magari si va su Galitone.