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Sveglia alle cinque colazione e partenza, i ragazzi sono tutti eccitati per il recupero, ieri sera abbiamo guardato le foto per localizzare il punto, si sale veloci su un sentiero dritto, solo una piccola deviazione per prendere l’acqua. Alle 9,30 siamo già al oued secco, Moha lega il mulo e poi scendiamo nella gola di corsa perché loro pensano che qualcuno possa rubarsi carico e mulo, invece è tutto dove l’ho lasciato Tambone e zaini.
Mohammed prende Tambone e noi i bagagli, un‘ora e siamo già sulla via di casa. È andato tutto bene, grazie alla solita fortuna questa volta nei panni di due ragazzi abili e generosi. Facciamo merenda con formaggio di capra, pane, olio e l’immancabile the, mentre il tempo comincia a ingrigirsi, sta arrivando tagut, ancora qualche ora e il recupero sarebbe stato un problema. La discesa è ripida, cambiamo via per evitare un canalino con la neve pericoloso per i muli. Lungo il percorso incontriamo diversi pastori fra cui il babbo e il fratello di Moha e arriviamo alla grande tenda dove Serena è stata adottata dalla famiglia, perfetti per il pranzo. La regina della tenda è la mamma Eto che sta tessendo un grande tappeto multicolore sull’ “astà” (il telaio). La tenda è magica e confortevole con la luce che filtra dai lati e il fumo del focolare sale disegnando spirali, si sta benissimo sui tappeti, circondati dai capretti appena nati, la tenda è montata in pendenza così il calore sale nella zona alta dove si dorme, i teli laterali si aprono  e si chiudono rapidamente  per avere luce o riparo a seconda delle esigenze. Si sta bene, c’è armonia in questa famiglia, i Nomadi sono persone speciali, stando con loro si gusta il sapore effimero della libertà circondati da larghi sorrisi e occhi grandi, sono poche le parole che attraversano la tenda, prevalgono le risate leggere e gioviali come lo sguardo scintillante di Moha quando parla fiero  della sua piccola tenda bianca di sacchi cuciti. La tentazione di fermarsi c’è (come cantava Battiato la voglia di vivere a un’altra velocità), ma voglio andare a Midelt per aggiornare il sito e raccontare le belle storie della gente dell’Atlas. Lasciamo Tambone qui e ci incamminiamo verso Midelt   accompagnati dai due ragazzi, sta  arrivando il brutto tempo, ridiamo dello scampato pericolo, in alto nevica Tagut! Ora si ride ma è andata bene, un altro giorno e avremmo perso Tambone e i bagagli, Tagut, Tagut, detto a denti strinti e fronte arricciata, inculoatagut … A Flilo, il primo paese dove arrivano i taxi,  ci salutiamo e entriamo a Midelt da anonimi turisti europei, doccia e dormita in albergo.