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Ravvivo il foco con i cespugli oleosi come mi hanno insegnato i pastori e dopo una scaldatina vado a fare un giro di perlustrazione. Vedo un pastore in lontananza anche lui ha acceso un fuoco sul colle dirimpetto, sotto di noi c’è una gola stretta, è la via più breve ma c’è il rischio di rimanere a metà, l’alternativa è di scendere verso il chiuso del pastore, la via è molto più lunga ma sembra più agevole. Tornando verso la tenda incontro una spaccatura nella roccia che sprofonda nelle viscere della terra è tutta piena di ghiaccio compatto e non se ne vede la fine. Partiamo con l’idea di fare la via più lunga, ma incontriamo il pastore che ci dice di scendere dal oued, quindi torniamo indietro per entrare nella gola, è un posto spettacolare ma molto difficile da scendere col mulo, la gola è sempre più stretta e in alcuni punti c’è tanta neve, sembra di essere dentro un videogioco di quelli che più vai avanti più è difficile: prima la strettoia, poi la neve, poi un tronco che chiude il passaggio, infine una strettoia con un salto di un paio di metri, non si passa. Comincio a essere stanco, decido di lasciare qui il carico e Tambone con l’idea di recuperarlo domani e di scendere portandosi solo gli zaini piccoli, se arriva il tempo brutto qui la situazione può diventare critica. Scendiamo ancora qualche centinaio di metri poi un salto di una trentina di metri ci obbliga a risalire. Rincontriamo il pastore che ci indica la via e ci rifocilla con un tocco di pane e un bicchiere d’acqua, tutto quello che aveva. Discesa come da preavviso è “no swuin” (bello), il sentiero scende sopra la voragine a zig zag, ma qui qualche mulo c’è già passato anche se non recentissimamente come confermano le cacche secche. Nel punto che sembrava più difficile si apre una spaccatura a destra che facilita il percorso, un ultimo accumulo di neve a ombra e poi il sentiero pur rimanendo ripido diventa più agevole, in basso si vede Midelt vicina e le prime abitazioni sono a poco più di un’ora di cammino. Si cammina fra lecci un po’ secchi e un po’ spelacchiati a causa delle capre, è  un’enorme distesa di alberi spettro. Stiamo per raggiungere le colline di terra rossa che ho visto per la prima volta dall ‘Ayachi lunedì, camminiamo lungo il greto del fiume, poi si trova una pista e si inizia ad attraversare una campagna a tratti coltivata, accanto a una collina di terra rossa si vede una tenda e una casa nel verde. Raggiunta la casa veniamo accolti da una famiglia gentilissima che ci accoglie sorridente con acqua, the e una frittata, senza bisogno di spiegazioni come il pescatore cantato da De André. Serena, che è già stata ribattezzata Zirina, crolla e si addormenta, gli ultimi due giorni sono stati duri ma se l’è cavata egregiamente soprattutto di testa, la cosa più importante.
Con Moha e Mohammed, due ragazzi ventenni, ci mettiamo d’accordo per il recupero di Tambone e dei bagagli, ci diamo appuntamento per domattina alle 5 qui alla casa di Hssein il fratello di Moha, si va noi tre e si porta anche un mulo. Moha torna alla sua tenda e Mohammed va dai genitori a Tattouine e io mi metto a dormire, gli ultimi quattro giorni sono stati impegnativi e poi devo recuperare perché domani sarà un'altra giornata impegnativa.