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La pioggia ci sveglia quando deve ancora albeggiare e continua a cadere abbastanza insistente fino a mezzogiorno. Per prima cosa do da mangiare all’asina che già da un po’ raglia insofferente, poi iniziamo a smontare, giusto il tempo per caricare i bagagli nella shuarì che ricomincia a piovere. Partiamo in direzione del passo che raggiungiamo dopo circa mezz’ora, quando si diradano le nubi bianche si vede vicina la neve. Nonostante il tempo la strada è molto bella e i pendii scoscesi della montagna sono comunque coltivati a cereali con dei piccoli muri a secco che spezzano i punti più ripidi. Vediamo un villaggio con un vistoso minareto bianco, decido di fermarmi per fare provviste. Sono tutti villaggi che non sono segnati nelle mappe, ma alcuni, come questo, sono abitati da più di mille persone, ormai ho imparato che in una piccola casa vivono almeno una decina di anime. Un viottolo sterrato ci porta verso il centro del paese, ci sono tre piccoli negozietti in fila, hanno soltanto the, qualche scatoletta di sardina e delle piccole confezioni di biscotti, nessuno ha il pane perché in questi villaggi ognuno lo fa nel forno della propria casa. Come succede sempre s’è fatta gente, c’abbiamo tutto il paese intorno, chiedo se qualcuno ci può vendere del pane, si fa avanti un tipo dall’aria spavalda che ci invita a casa sua per mangiare, sciolgo Segagnana e lo seguiamo. Attraversiamo quasi tutto il paese per raggiungere la casa di Lahcen percorrendo stretti vicoli fangosi per la pioggia e scendendo alcuni muri dove Segagnana dimostra tutto il suo talento di asina di montagna. La casa ha le stalle sotto dove ci sono due mucche e un asino, e il bagno. La cucina è un “monolocale” esterno alla casa con un focolare sulla parete opposta alla porta. Entriamo, l’ingresso è una grande stanza con il pavimento di cemento, da cui si accede a due camere e una sala, dove come sempre veniamo fatti accomodare. Pranziamo con pane caldo, burro fresco e the. Pioviscola, Lahcen ci invita a rimanere qui per la notte e noi accettiamo ringraziandolo. Usciamo per fare un giro e Lahcen si offre come guida, subito dopo si unisce anche il suo amico Mohammed. Detto così sembra che in questi villaggi siano tutti vagabondi, in realtà non esiste il lavoro come lo intendiamo noi, o meglio non c’è lavoro, tutti hanno una casa, dei terreni da coltivare e gli animali, chi le capre, le pecore e i più fortunati le mucche e un asino o un mulo come mezzo di trasporto. C’è da fare la legna per il fuoco, ma non esistono orari di lavoro, quindi siccome sono persone con il culto dell’ospitalità, se c’è un ospite è normale seguirlo e accompagnarlo in ogni sua richiesta. Camminando incontriamo un sacco di galli e galline sono attratto da una musica “tribale”, seguendo il suono ci troviamo davanti ad un gruppo di bimbi e bimbe che cantano e suonano delle latte.
Scendiamo verso l’oued da un ripido viottolo tra campi di grano, ceci e lenticchie, mandorli e olivi. Lahcen e Mohammed scendono con grande agilità e in poco più di venti minuti raggiungiamo il fiume gonfio di acqua fangosa che scende dalle vette. Ci sono delle piccole rapide che formano dei gorghi, sembra un fiume di cioccolata e mi fa venire in mente Willy Wonka e la sua Fabbrica di Cioccolato, che andai a vedere al cinema di Marciana Marina qualche anno fa con la mi’ nipote. Sulla sponda del fiume c’è un mulino ancora attivo alimentato da una canala scavata dentro un tronco, è molto bello e fiabesco, tutto in legno ad esclusione della macina di pietra. Guidati da Lahcen entrando da uno stretto ingresso andiamo a vedere una grande pozza di acqua trasparente alimentata da una sorgente e poi iniziamo a rientrare anche perché sta arrivando la notte. Arrivati a casa veniamo fatti accomodare in terrazza per una spettacolare merenda pane burro e caffelatte. Contrariamente al solito tutti vogliono essere fotografati, faccio le foto alla famiglia e a tanti bimbi arrivati nel frattempo e li invito a vedere le foto sullo schermo del pc. Mentre si guarda le foto la nostra camera si riempie con più di venti persone, in maggioranza bimbi, ma ci sono anche diverse donne, alcune sono venute col vestito da festa. Faccio un sacco di foto a tutti e poi le guardiamo nell’entusiasmo generale, mi vengono in mente i racconti di zia Alvia di quando andavano a vedere, portandosi le sedie, la televisione nella casa d’Italia a Filetto. Cena in famiglia col classico tajine, tutti ci invitano a rimanere per qualche giorno decantandoci le meraviglie della zona, anche perché le previsioni sono di pioggia. Domani mattina andiamo a parlare con gli insegnanti per Base Elba, poi a vedere una grande grotta e dopo si vedrà… intanto ci godiamo questa ennesima bella serata berbera.