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La luce forte ci fa capire che il tempo è bello, mi vesto e esco a fare qualche foto, quando rientro è tutto pronto per una colazione a base di riso. Sarebbe il momento giusto per partire, ma l’asino è chiuso nella stalla e Fatima in pratica ci obbliga ad andare a casa sua per una seconda colazione, aspettiamo in sala insieme alla nonna, a una bella ragazza con i terribili segni di una grande ustione che le ha mutilato la mano sinistra e tutta la famiglia in una stanza che sta diventando sempre più fumosa. Mi sento un po’ sotto sequestro, fuori c’è una luce bellissima, ma Fatima e Mohammed ci tengono tantissimo ad offrirci questa seconda colazione. Finalmente arrivano le frittelle di un tipo mai visto prima, una specie di wafer morbido all’uovo, nel frattempo è arrivato anche “Schiena Bin Laden” (Mhand) e le mangiamo tutti insieme. Finalmente riesco a spostarmi nella stalla con Mohammed che mi chiede di essere fotografato abbracciato alla sua pecora preferita, è grande la gratitudine verso questi animali che in pratica mantengono la famiglia. Con l’asino davanti casa carichiamo i bagagli nella shuarì, i fratelli Hangun legano la shuarì alla berbera, il carico è sicuramente più fermo e stabile, ma Segagnana non gradisce lo strizzamento di pancia e manifesta il suo disappunto con una sfolgorante scarica di curegge, lo spettacolo meteoritico diverte tutta la “piccola comunità” radunata intorno a noi. Attraversiamo i tre duuar alti, la Kasbah, granai, lavatoi e pollai, passiamo a fianco di un enorme albero con un tronco più grande del più grande castagno della Madonna del Monte. Sento piangere, mi affaccio e vedo un bimbo pendicone da un buscione e la sorellina nel pianello di sotto, recupero il bimbo mentre arriva un uomo che nella foga di aiutare la bimba inciampa e gli tombola sopra, per fortuna nessuno si fa male e ci salutiamo. Scendiamo fra i terrazzamenti sempre più ampi coltivati a grano fino alle scuole dove prendo un altro contatto per Base Elba. Come sempre siamo accolti con grande entusiasmo, e testimoniamo l’avvenuto contatto con una foto di gruppo con insegnanti, Segagnana e tanti bimbi. Scendendo una giovane ragazza con una neonata sulle spalle fa amicizia con Serena, in un paesaggio caratterizzato da netti cambiamenti di colore con le rocce e il terreno che cambiano all’improvviso dal rosso, al verde, al giallo. Arriviamo nel primo pomeriggio a fondo valle è il centro più importante della valle di Ait Boualli, qui tutti lo chiamano il souk per il mercato che vi si svolge il sabato. C’è una piazzetta polverosa circondata da un porticato e alcuni edifici rossi, complici il caldo e la luce accecante l’atmosfera è quella di un western di Sergio Leone. Ci fermiamo nella gite d’etape per una doccia e risistemare gli zaini. Il padrone è un marocchino ma sembra un tedesco, nell’aspetto assomiglia al babbo di Zighe, mi chiede se stasera abbiamo voglia di mangiare pesce, io gli dico di si immaginandomi una bella grigliata, ci salutiamo dandoci appuntamento per la cena. Qui a fondo valle il sole cala presto, fa freddo anche per il vento e tutti stanno rientrando verso i villaggi. Dalla montagna rientrano uomini sui muli e donne a piedi che per guadare il fiume si tolgono le scarpe e si tirano su i vestiti fino alle ginocchia.  Anche i bimbi che escono dal turno pomeridiano della scuola si avviano verso le loro case. La cena è una delusione tremenda sono due sardine in scatola (una per uno) arrostite, per fortuna che siamo stati ospiti dei generosi berberi dei villaggi alti, se no sarebbe stata fame.