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La giornata è ancora più bella di quella precedente, l’ideale per fare una lunga marcia fino a Tabant, che prevede il superamento di un impegnativo passo. Scendiamo la valle fiancheggiando il fiume, lungo la strada ci sono diversi duuar su entrambi i lati del fiume, caratterizzati da grandi Kasbah a testimonianza della grande importanza strategica di questa valle, unica via d’accesso verso le fertili pianure della regione di Marrakech. Lungo la via incontriamo un gregge magistralmente condotto da un minuto bimbo pastore che avrà non più di cinque anni, ma che con portamento da adulto conduce sicuro il suo gregge. Camminiamo insieme fino al guado e poi continuiamo a scendere fra paesaggi che acquistano colori e forme più familiari, i pendii sono ricoperti da grandi pini d’aleppo e lecci e le montagne ricordano i colori delle montagne corse nella zona del Calanches. La pista si sta trasformando in strada, ci sono operai e un paio di ruspe che stanno allargando la via, ce ne avevano parlato alla scuola ieri con entusiasmo perché alla fine dei lavori arriverà anche internet. È il progresso che avanza con i suoi pro e i suoi contro, sono comunque contento di aver visto queste valli senza mezzi a motore. Mentre stiamo per iniziare l’ascesa verso il passo un’immagine forte “dell’incontro di due epoche”: un anziano contadino con un aratro di legno trainato da due asini sta arando un terreno vicino al fiume, mentre dei tecnici giunti qui con un’auto studiano su una carta la nuova strada, incrocio lo sguardo del “capo” e vedo in lui la consapevolezza che quest’opera cancellerà per sempre queste immagini medioevali. Segagnana è in crisi tenta più volte di tornare indietro e devo continuamente urlargli “HERRA!!” per non farla piantare. Tutti i berberi comandano le loro bestie così, ma io lo dico all’elbana e tutti ridono e mi pigliano pel culo, comunque fra un paesaggio sempre più maestoso e spoglio raggiungiamo il passo sotto l’occhio curioso dei pochi pastori. Arrivati sulla vetta nel vento gelido ci attende una pattuglia di gendarmi che controlla il bivio, qui la pista finisce e incrocia la strada che a destra scende verso Tabant, mentre a sinistra porta a Azilal il più grande centro della zona. Ci chiedono i passaporti e ci fanno un sacco di domande, mi chiedono anche il nome del mi babbo e della mi mamma e nel modulo mezzo di trasporto scrivono asino, sono incuriositi e anche affascinati dalla nostra “impresa” e ci raccomandano attenzione e prudenza. Ci attendono ancora quindici chilometri di cammino, ma tutti in discesa e su strada. Dopo qualche chilometro incontriamo tre escursionisti in montain bike, primo incontro “occidentale” da diversi giorni. Poi iniziano i piccoli villaggi, sulla destra si apre una campagna coltivata, mentre a sinistra una alta e impervia parete di roccia da dove escono intrepidi ginepri e ardite palme nane che mi ricordano le pareti di calcare fra Nisportino e Monte Grosso anche se qui è tutto molto più grande, e ogni tanto si vede saltare qualche scoiattolo di barberina. Arriviamo a Bou Goumez, è un bel villaggio, ma dopo l’esperienza vissuta negli integri duuar incontrati da Imi Nifri a qui, sembra un po’ finto. Questo è il punto di partenza per l’escursioni sul Monte M’Goun, seconda vetta in Marocco dopo il Toubcal, ci sono scritte in francese e negozi di souvenir e tutti dicono Bonjour Bonjour. Sicuramente il turismo escursionistico ha portato dei grossi benefici alle persone, però sono sempre più consapevole che leva spontaneità e dignità alla gente. Penso che la sfida sia quella di sviluppare il turismo escursionistico conservando e valorizzando la storia e le caratteristiche di ogni piccola comunità, deve essere il turista che si adatta al luogo che visita e non viceversa, nel vantaggio reciproco, perché la bellezza sta proprio nella diversità. Il sole sta tramontando ma non è freddo e si sta bene, Segagana è cotta incespica anche un paio di volte, i cippi che indicano i chilometri si avvicinano sempre più lentamente. Mancano due chilometri al paese e ormai è notte, la strada ritorna sterrata, entrando in paese è quasi tutto chiuso e buio. Alla fine del paese troviamo una gite d’etape, bussiamo e ci apre un affascinante anziana signora vestita elegantemente con la fronte e il mento tatuati. Ci sistemiamo in una camera al piano terra, mentre il marito porta Segagnana al meritato riposo. Dopo aver mangiato insieme all’anziana coppia chiudiamo questa bella giornata.