CategoryGiugno 2008

Venerdi 20 giugno 2008 Barcellona

 
Destinazione  Roma Porto
Arriviamo nella capitale Catalana che il sole è già alto, le sensazioni sono completamente diverse da dicembre, tutta questa gente, la metropolitana, il traffico, non vedo l’ora di tornare in Africa. Andiamo alla stazione marittima per cercare il primo imbarco per Tunisi, mentre guardo gli orari su internet ci rubano lo zaino con i passaporti  i soldi e la macchina fotografica nuova, Epitaffio avrebbe detto “per dinci è un periodo che non ne va dritta una”
Denuncia di furto  alla polizia spagnola e poi al  consolato  che però è chiuso fino a lunedì, c è  un riferimento telefonico che non risponde e un foglio appiccicato al portone  che dice che se avete problemi potete chiamare in italia a parenti e amici e farvi mandare i soldi, c’è poco da fare senza documenti bisogna tornare in Italia.
Siamo sulla nave per Civitavecchia “Roma porto” come scrivono gli spagnoli, lasciamo l’enorme porto di Barcellona su questa nave che sembra un villaggio turistico galleggiante.
Cerco di farmene una ragione e di viverla come viaggio, il viaggio mi sta riportando all’Isola ma sono dentro il viaggio, non è un’ interruzione è solo un cambio imprevisto di percorso,  mi fa strano ritrovarmi in mezzo a tutti questi turisti.
   

Gioved?¨ 19 giugno 2008 Almeria

 
Pacco postale
Il bagaglio va ridotto, andiamo alla posta per spedire a casa un pacco con gli oggetti che ci hanno regalato gli amici dell’ Atlas insieme a tutto quello che non riteniamo indispensabile e alle  8850 che dopo aver percorso oltre duemila chilometri andranno in fabbrica per essere studiate e migliorate.
Passiamo tutto il pomeriggio per cercare una tenda piccola e leggera poi in tarda serata partiamo in  bus per Barcellona dove arriveremo domattina.
   

Mercoled?¨ 18 giugno 2008 Melilla _ Almeria

  Puppe culi e giornali
Ultima coppa di gelato da un quarto, caffè e fondente e poi alla nave, dopo gli ultimi acquisti il bagaglio è ancora più grande ma buona parte è in una borsa da spedire a casa appena arrivati in Spagna. La nave stacca gli ormeggi alle due, a bordo ci sono pochissime persone quasi tutti marocchini che vanno a lavorare in Spagna, l’Africa si allontana la guardo svanire nella foschia, sembra una nave fantasma, le poche persone che si vedono dormono. Si vede già la costa spagnola quando si vedono le Stenelle che saltano sulle onde della nave, poi la costa Andalusa e Almeria con le sue fortificazioni che ricordano le battaglie contro i mori. Siamo gli unici passeggeri senza auto e sbarchiamo in solitudine, non c’è nessun controllo passiamo la dogana senza vedere nessuno e ci troviamo direttamente nelle vie della città. Che siamo in europa si capisce sopratutto dalle tante donne a giro con le puppe all’aria e i pantaloni più bassi delle mutande, ma anche  dalle edicole con tanti giornali diversi e dai prezzi.
Tutti parlano della ormai prossima partita fra Spagna e Italia ci sono bandiere e titoloni esposti ovunque che parlano di vendicare usa 94.
   

Marted?¨ 17 giugno 2008 Melilla

  Il disegno globale
Approfittiamo del fatto di essere in un porto franco per comprare un po’ di attrezzatura fotografica, domani si parte destinazione Tunisia, il sistema più veloce ed economico sarebbe quello aereo e raggiungere Tunisi via Madrid, ma in questo viaggio aerei non ne voglio prendere quindi la soluzione più vicina al programma originale è quella di raggiungere la Tunisia via mare toccando  Almeria, Barcellona e Genova. Mi sento pieno di rabbia, ma non per il cambio di programma.
Il viaggio è fatto anche di imprevisti, anzi sono gli eventi inattesi, le sorprese, l’essenza del viaggio, è il subire ingiustizie che fa male, sentirsi vittime di un disegno globale legato al profitto di pochi, protetto e difeso su livelli diversi da poliziotti, diplomatici e organi di informazione e la droga in questo ha un ruolo importante per il volume di denaro che genera ma soprattutto perché annebbia e addomestica milioni di menti potenzialmente ribelli a questo schifo.
Ci sono gli europei di calcio (altro giochino che aiuta a non pensare), all’otto vado a vedere la partita dell‘Italia in un bar bettola che sa di porto nostrano e passo due ore leggere  in compagnia di quattro vecchietti mangiando chopitos (seppioline) alla griglia e triglie fritte. L’Italia vince e passa ai quarti, domenica incontrerà la Spagna, i compagni di merenda sono preoccupati, ci vedono come l’ostacolo più impegnativo fra loro e la vittoria finale.
   

Luned?¨ 16 giugno 2008 Melilla

  Sano narcos 
Ci siamo, chiamo la dottoressa Zerbi e gli spiego i fatti, mi dice che il refoulé è una cosa grave, che sono stato espulso dal Marocco, ma lei da lì non può fare molto, è meglio andare a sentire direttamente alla frontiera di cosa si tratta, mi dice che le sembra impossibile che era tutto a posto e  chiede di mandargli un fax con la fotocopia del timbro, che a quanto dice è anomalo, lo guarderà insieme al suo amico commissario per capire meglio.
Alla frontiera ritrovo il funzionario con la faccia gioviale, che mi riconosce e mi chiama chiedendomi che ci faccio lì, gli spiego, ma lui mi dice che io sono stato espulso dal Marocco dopo essere stato arrestato per traffico di droga. Gli spiego che sono lì per capire perché ho il refoulé sul passaporto e che è una montatura, ma lui mi ripete che i marocchini mi hanno accompagnato alla frontiera con una documentazione che affermava che io sono stato arrestato in Marocco per traffico di droga. “Te l’avevo anche detto”, mi dice.  “Sì, ma io credevo che scherzavi”. “Io su questi argomenti non scherzo mai”.
Gli dico che è tutto assurdo e di controllare bene, sia la mia posizione che quella di Serena che invece sembra regolare, il funzionario gentilmente fa una serie di telefonate e ci dice che siamo stati espulsi tutti e due per clandestinità. “E la motivazione?”  “Fatela chiedere dai vostri diplomatici ai marocchini”.
Sempre peggio, dall’arrivo a Torres è un crescendo di assurdità, dalla circolare che vietava il campeggio, al permesso scaduto, dalla confisca dei documenti, alla giornata in caserma, dall’espulsione, all’accusa di essere un narcotrafficante, la cosa che mi indigna è che tutta questa montatura è stata costruita da chi con il narcotraffico ci convive e ci vive.   
Richiamo la Zerbi a Casablanca, ha visto il timbro e mi dice “in Marocco per almeno cinque anni  non ci tornate più“, mi invita a non chiamarla più e che quando saprà qualcosa sulla motivazione si farà viva, poi mi dice che se non volevo problemi nel Rif non ci dovevo andare. Meliani, il rappresentante consolare di Fes, mi fa incazzare ancora di più, quando gli racconto cosa mi hanno detto alla frontiera, dell’accusa di droga, casca dalle nuvole e mi chiede sorpreso “ ma è vero?”.
Morale in Marocco non si rientra più, questa è l’unica certezza. Chiamo un’amica giornalista marocchina e gli racconto i fatti, è molto dispiaciuta e mi chiede scusa per la polizia del suo paese  ma mi dice anche che in Marocco non ci sono giornali disposti a pubblicare una storia del genere, un’ipocrisia di regime che oltrepassa i confini del reame, come dimostrano i “nostri” diplomatici stanno ben attenti a muovere foglia per paura di intralciare una così importante risorsa economica.
Inizio a scrivere una cronologia esatta di quello che è successo negli ultimi giorni, solo fatti senza commenti, ma più scrivo più mi rendo conto che trovare gente disposta a pubblicare sarà difficile. Informo Roberto delle novità e poi scrivo a Sergio Elbareport Rossi, il direttore dell’unico giornale  Indipendente che conosco, Elbareport appunto.

 

   

Domenica 15 giugno 2008 Melilla

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Il primo bagno della stagione
Fa caldo, da quando so nato credo non sia mai successo di essere arrivato al 15 di giugno senza fare il bagno in mare. Dalle fortezze verso ovest si vedeva una scogliera, andiamo a vedere se si trova un posto per fare il bagno che non sia quel troiaio della spiaggia nel porto. Appena si esce dal centro che è tutto pulito e perfettino, si ritrovano gli accumuli di spazzatura in perfetto stile marocco ma anche una spiaggia di ghiaia, che è anche bella, ma credo che ci sarà ancora per poco, perché a fianco stanno costruendo un porto. Scendiamo giù dalla scarpata e finalmente il mare, che in realtà fa abbastanza schifo perchè è pieno di plastica, ma la voglia di mare è tanta. Scopro che qui l’acqua è fredda fredda, non lo so se dipende dalla vicinanza dell’atlantico o dalle correnti che qui sono molto forti, sta di fatto che le temperature sono da il mare d’inverno, il sole però picchia di brutto. Al ritorno si risale da un viottolino ripido stile Campolofeno che attraversa un discarica confinante col cimitero monumentale dell’enclave spagnola e ci troviamo a camminare fra spazzatura, lumini  consumati e luttuose corone di fiori, però troviamo qualche nido di falco e si assiste a una spettacolare battaglia aerea fra un falco e un gabbiano.
Con la luce calda del tramonto la fortezza della città vecchia cresce in suggestione e la fila di cannoni puntati sulla darsena vecchia evoca battaglie navali e scorrerie di Pirati. Gironzoliamo fra camminamenti e bastioni, al posto del sole ora c’è una perfetta luna piena circondata da tanti gabbiani che sembrano volerla raggiungere.
   

Sabato 14 giugno 2008 Melilla

Image Churros e jelado  
Classica colazione di Melilla coi churros (vermoni di pasta fritta stile frate) e caffè, qui gli orari sono spagnoli e si fa colazione quando i marocchini pranzano. Cerco informazioni su eventuali navi anche mercantili per raggiungere l‘Algeria, ma non si trova niente, gli unici collegamenti sono con la Spagna con i porti di Almeria e Malaga. La città è deserta quasi tutti i Melillani sono sulla spiaggia, un tristissimo spiaggione attrezzato fra la strada asfaltata e la diga foranea, che si estende fino al grande porto commerciale, il famoso e malfamato porto franco di Melilla. La spiaggia non ci interessa e il porto non si può visitare, passo la giornata a scrivere e a ciattare con Roberto che è l’unico al corrente delle ultime disavventure e mangiando gelato.
   

Venerd?¨ 13 giugno 2008 Melilla

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Refoulé
Guardo il passaporto e mi accorgo che c’è un timbro: Refoulé … espulso cazzo !!! Sembrava tutto risolto e invece no, provo a chiamare l’ambasciata e il consolato ma è tutto chiuso fino a lunedì mattina. Solo io sono stato espulso, il passaporto di Serena è regolare, vorrei andare subito alla frontiera ma prima di peggiorare la situazione decido di aspettare lunedì.
Giro per Melilla come un esiliato, il rischio di dover tornare in Europa (quella continentale) è alto, i bastardi della caserma di Al Hoceima hanno voluto metterci l’ultima parola, e io coglione chissà cosa ho dichiarato firmando quei fogli in arabo.
Non resta che aspettare, mi guardo la partita dell’Italia contro la Romania in un barettino e poi in giro per il centro storico che si sviluppa dentro i bastioni e ricorda Portoferraio. Le fortificazioni  sono più piccole e meno belle di quelle ferrajesi ma meglio conservate, comunque i punti di contatto con le fortezze medicee sono tanti, il faro, le garitte, i camminamenti fra i forti, i gabbiani cacatori e i gatti ruffiani.
Suona il telefono e arriva una bella notizia Azzedine è arrivato a Bni Krama con Tambone, tutto bene, questa l’abbiamo risolta bene, il bambolo è sistemato, ora vediamo di sterza’ anche l’intoppi doganali.       
   

Gioved?¨ 12 giugno 2008 Al Hoceima _ Melilla

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Melilla

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Gita fuoriporta
Stamattina so’ tutti amiconi, sorrisi e tentativi di parlare italiano, “è tutto risolto” dicono di continuo “è stato solo un equivoco, ora andate a Melilla e poi potete continuare il vostro viaggio; e mi raccomando parlate bene del Marocco e della polizia”. Sembra proprio che il caso sia risolto, dopo l’intervento della diplomazia, come ci è stato riconfermato telefonicamente da Meliani. Firmo una serie di documenti in arabo, chiedo una copia in francese ma non mi viene data, mi fido, credo che sia il pv, ma non è così perché si va direttamente a Melilla. Ci dicono che è tutto a posto, che siamo regolari, che hanno fatto tutto loro e che dobbiamo andare solo alla polizia di frontiera per regolarizzare il tutto, ci accompagnerà un loro agente, i passaporti e i documenti firmati da me e dal comandante vengono sigillati in una busta che il nostro accompagnatore custodisce gelosamente. Partiamo col cellulare fino alla stazione dei bus, poi partiamo scortati dal nostro tutore sul pullman per Melillla. Facciamo la strada interna, risalendo sulle alte montagne aride del Rif orientale dove l’esercito di Abd el Krim inflisse le sconfitte più dure agli spagnoli, guardando l’asprezza di questi monti si capisce perché gli abitanti non sono mai stati veramente assoggetati a nessuna dominazione. La strada è ripida e sinuosa e il bus fatica a superare il passo più alto e si deve anche fermare un paio di volte perché il motore surriscalda, poi si comincia a scendere, avvicinandosi al mare la strada diventa pianeggiante e circondata da coltivi, fino ad arrivare a Nador. Ritorniamo alla frontiera Marocco-Spagnola, ma questa volta scortati. Entriamo direttamente nell’edificio della dogana marocchina saltando tutta la fila, nel cortile assisto ad una scena tremenda: c’è un piccolo gruppo di etnia sub sahariana che è stato fermato alla frontiera, circondato da poliziotti con fucili e manganelli, una ragazza come impazzita urla e piange mentre si spoglia e si prende a sassate, forse nella speranza di finire all’ospedale per non essere rispedita nel suo paese. Mi ritorna in mente il villaggio abbandonato che avevo visto a gennaio ai limiti del deserto dove i pozzi si erano seccati e la gente era andata via per non morire di sete. Arriva un poliziotto e mi dice di spostarmi da lì. Aspettiamo pochi minuti e poi un funzionario in divisa ci accompagna alla frontiera spagnola tenendo in mano la busta con i  nostri documenti. Il poliziotto che ci ha accompagnato da Al Hoceima ci saluta tutto gentile dicendo che è tutto a posto e che possiamo rientrare da subito in Marocco e proseguire il nostro viaggio, anzi ci fa gli auguri di buon proseguimento e ci saluta con un “sempre benvenuti in Marocco”.  Ci congediamo dal Marocco con l’ulteriore conferma verbale che possiamo rientrare nel Paese volendo anche immediatamente, ma seguendo il consiglio dell’ambasciata penso che resteremo almeno un paio di giorni a Melilla.

Sulla sponda spagnola il clima è molto più rilassato, un funzionario doganale con fare ironico mi chiede se lo zaino è tutto pieno di droga.

Ci sistemiamo all’ hostal, sembra di essere in europa, ci sono gli euro che me li ricordavo più grandi, le donne coi capelli al vento e il prosciutto, è un altro mondo. La città autonoma di Melilla è un truman show circondato da reti elettrificate e filo spinato, abitato da militari e funzionari spagnoli che ostentano un diffuso benessere che si rispecchia nei tanti figli di papà in giro per le vie del centro sopra a gipponi metallizzati, con la radio a palla e inforcando occhiali da sole grandi come maschere subacquee.
Superi le barriere e cambi continente, al posto del classico marocchino secco, sdentato e mediamente cencioso, ti ritrovi il melillano grasso, vestito alla moda e puzzicoso d’alcool. Telefoniamo per ringraziare i diplomatici che ci hanno aiutato e poi andiamo a scoprire l’enclave spagnola che rispetto ai centri urbani marocchini sembra deserta. La città è piena di locali e negozi  che ostentano il vino e i superalcolici come grande simbolo di libertà, ma c’è anche una gelateria artigianale spettacolare che fa tre tipi di cioccolato con un fondente così bono che quando lo lecchi chiudi l’occhi e ridi.

Sicuramente per un marocchino Melilla è una visione distorta dell’europa. 

   

Mercoled?¨ 11 Giugno 2008 Al Hoceima

  Il commissariato  
Mercoledì mattina telefoniamo al consolato italiano a Casablanca, spieghiamo la situazione e quello che è successo, ci dice che è inutile stare a discutere sulle scadenze, che bisogna pagare una multa, ma di evitare assolutamente la gendarmeria notoriamente corrotta e confusionaria, dobbiamo andare al commissariato di polizia, è solo una formalità su un problema che si verifica spesso, mi spiega   che basta riempire un modulo (il PV), aspettare un paio di giorni che la polizia lo consegni al tribunale il quale emetterà una condanna per il  pagamento di una multa di tremila dirahm a testa, dopo di che dovremmo uscire dal Marocco (verso Melilla) e rientrare, meglio il giorno dopo, con la possibilità di rimanere ancora tre mesi. Sembra tutto molto semplice e risolvibile, andiamo subito al commissariato, sono le dieci di mattina. Un agente ci dice di attendere nell’ufficio a sinistra, arriva un ragazzo con fare arrogante che ci chiede cosa facciamo lì, dico che dobbiamo fare il pv, ci accompagna nell’ufficio a fianco dove c’è un funzionario più anziano che dice assolutamente no, gli spiego che siamo lì per regolarizzare la cosa su precisa indicazione dell’ambasciata italiana, ma ci dicono no no senza ascoltare, affermano che dobbiamo presentarci alla polizia della dogana delle città in cui siamo entrati in Marocco. Insisto che dobbiamo fare il PV, certi della legalità della richiesta perché ce l’ha detto l’ambasciata italiana, continuano a dire no e a non ascoltare. Insisto e iniziano a minacciare verbalmente, dicendo che siamo in una posizione di clandestinità, che dovrebbero arrestarci ed espellerci dal paese e la minaccia di carcere viene ripetuta più volte “prigion prigion”  incrociando i polsi. Ci controllano i passaporti e viene fuori che quello di Serena alla dogana di Melilla è stato regolarmente timbrato per l’uscita dal paese, rispieghiamo i fatti ma è tempo perso, il disco è quello, arresto di manette e prigione, Serena è a posto ma per me c’è l’arresto e devo rimanere lì.
Ci tengono almeno tre ore senza farci sapere niente, sotto lo sguardo cinico e  imperturbabile del ritratto del  precedente re Hassan II, personaggio amato delle forze militari molto più dell’attuale re Mohammed VI, ma che a differenza dell’ultimo sovrano con la gente di queste parti non aveva un buon feeling anche perché subito dopo l’indipendenza marocchina del 1956 guidò lo sbarco delle truppe reali a Al Hoceima per disperdere con la forza la ribellione dei rifegni che seguendo anche le indicazioni di Abd el Krim avevano combattuto  per l’indipendenza del Marocco riconoscendo l’autorità del re nella speranza di entrare nella gestione locale della nuova nazione, speranza che risultò vana perché il re e il suo entourage mise in tutti i posti di comando gente araba tagliando fuori i berberi del posto da tutte le cariche.
Poi proclamano che Serena è libera e deve tornare in albergo e io devo rimanere lì in stato di arresto. Serena non vuole andare. “Non puoi scegliere, sei libera e devi andare in albergo, non puoi rimanere qui, non è una tua scelta”. Chiedo spiegazioni: “perché il passaporto di Serena è stato timbrato anche se erano scaduti i termini?”
“non è un problema nostro, ma della polizia della dogana”

“Chiamate la polizia della dogana per chiedere”
“È tutta la mattina che parliamo con quelli della dogana”  
“E allora chiedete perché?”
“Non è un problema nostro, è un problema tuo”
“Serena ha un timbro di uscita e invece è ancora qui!”
“Vuol dire che è in Marocco illegalmente”
“E allora chi mi garantisce che quando arriva a Melilla puo passare la frontiera?”
“Noi” 
“Voglio un documento scritto” 

Si rifiutano di metterlo per scritto, provano in tutti i modi a separarci, gli rispiego che noi siamo andati da loro per regolarizzare la nostra posizione su indicazioni della nostra ambasciata e che sono sicuro di quello che dico, se loro non vogliono fare la procedura pv che ci restituiscano i documenti e andiamo direttamente all’ambasciata italiana. I documenti li tengono loro.
Gli chiedo se posso telefonare mi dicono che il telefono funziona solo all’interno della caserma, gli faccio notare che prima aveva chiamato la polizia di frontiera, mi invitano a provare ridendo. 
Chiedo conferma se Serena è libera, alla risposta affermativa esce e va a telefonare da un telefono pubblico, ma il passaporto non lo consegnano nemmeno a lei.   
Si irritano quando pretendo che mettano per scritto la posizione  regolare di Serena, cosa che chiaramente non fanno. 
Appena esce inizia un interrogatorio aggressivo fatto di urli e minacce:
“Che ci facevi a Torres? sei un sindacalista? sei un periodista comunista? Noi non amiamo quelli come te! Cosa pensi dell’Islam? cosa pensi del nostro re? ….”  E ogni volta che accenno una risposta mi parlano sopra, “cosa pensi di noi?”  mi esce un “che siete arabi”
“Razzista! te sei razzista! la nostra cultura è contro il razzismo e tu sei razzista!!! odi l’islam e il Marocco, il Marocco è una nazione islamica, te sei un razzista, intanto questa notte dormirai in prigione poi si vedrà” Tutto urlato a tre centimetri.
Gli dico che stanno abusando del loro potere, che non possono trattenere i documenti e di stare attenti perché esistono le leggi internazionali, la carta di Ginevra e che prima di venire qui avevo contattato la diplomazia Italiana, che io le leggi le conosco bene. Cercano in tutti i modi di provocarmi, mi chiedono le stesse cose cento volte e quando capiscono che ho una grande ammirazione per la gente Amazigh cominciano a offendere anche loro. Faccio una gran fatica a non reagire ma mi faccio forza del fatto che loro sanno benissimo che si stanno comportando illegalmente.
Rientra Serena, al telefono la dottoressa Zerbi, la diplomatica che avevo sentito in mattina, gli dice che tutto questo è assurdo, che non lo possono fare, è abuso di potere e non ci possono minacciare ne trattenere, ne tanto meno arrestare, che il pv è una normale procedura d’ufficio che loro debbono semplicemente attuare e ci dice di farsi consegnare i passaporti e di andare a Fes dove c’è il rappresentante consolare più vicino. Serena ha chiesto che un funzionario consolare venga al commissariato ma le viene risposto che è troppo lontano, dobbiamo chiamare il corrispondente consolare di Fes, Meliani, quello che abbiamo conosciuto a Fes.   
Meliani prende tempo per parlare con il consolato, Serena insiste perché chiami direttamente il commissariato di Al Hoceima per farci rendere i passaporti perché andiamo da lui a Fes per fare la procedura del pv come ci ha detto di fare la Zerbi, visto che lui è marocchino dovrebbe risultare più facile il dialogo con la polizia. Meliani risponde: “non ti proccupare cerco il numero e chiamo subito” Serena è  tornata  in caserma convinta che sia tutto risolto, mi racconta che è stata seguita fino alla cabina telefonica da un poliziotto che cercava in tutti modi di convincerla a tornare in albergo perché lei è libera.
Le domandano cosa ha detto l’ambasciata. “non potete trattenerci i passaporti, li riprendiamo ed andiamo a Fes dal referente consolare che ci aiutera’ con la pratica per il pv”.
Dicono di no, che hanno gia’ aperto loro la pratica del pv presso il tribunale.
Chiedono a Serena se vuole fare anche lei il pv o se va direttamente a Melilla che tanto non ci sono problemi.
Chiediamo un documento scritto, telefonano al responsabile della dogana e lo fanno parlare con Serena, lui conferma che non ci sono problemi, Serena chiede il documento, lui dice che al commissariato non possono farlo, lei chiede che lo faccia la dogana e lo spedisca per fax, niente, dice che da’ la sua parola e anche lui le dice di andare in albergo.
Passa ancora un po’ di tempo e Serena ritorna a telefonare, gli ripeto che loro stanno abusando del loro potere  …. E loro che io devo andare in prigione che siamo in Marocco e loro conoscono bene la legge marocchina, mi dice che è inutile che parli, qui siamo in Marocco e loro capiscono solo la lingua araba.
Poi si capisce che è arrivata la telefonata, cambia lo scenario, si muove qualcosa, ma continuano a fare le stesse domande decine di volte, perché sono lì, per l’ennesima volta riprovo a spiegare ma non ascoltano, e ancora mi chiedono il percorso e le tappe del viaggio e per l’ennesima volta fanno finta di scriverle. Nel tardo pomeriggio cambia tutto, iniziano a darsi da fare “il gran messier sarà accontentato” mi dicono a denti stretti in francese e italiano e iniziano a preparare i moduli del pv, ci chiedono tutti gentili se abbiamo sete o fame e si scusano se non parlano italiano ma solo francese. Arriva anche il grande capo che con fare da boss dice che è tutto a posto, grazie alla loro efficienza è stato risolto tutto e ci domanda se ora siamo contenti, irritato dalla mancanza di prostrazioni se ne va via stizzito. Ci trattengono senza motivazione i passaporti, alla fine dell’ennesimo interrogatorio chiudono con un serafico  “la legge dice che dovrei metterti in prigione ma per me e lo faccio per lei (Serena), pur essendo agli arresti, puoi andare a dormire in albergo”
Pretendono scuse e ringraziamenti che non arrivano.

Appuntamento a domani per la procedura pv.     

E’ ormai sera quando usciamo dalla caserma, telefono all’ambasciata e mi confermano che sono intervenuti attraverso il comando di polizia di Casablanca e che è tutto a posto, i passaporti non ce li hanno restituiti perché gli brucia avere ricevuto  la telefonata dai loro superiori e la fanno cascare dall’alto per orgoglio, ma il problema è risolto. Anche il referente consolare mi conferma che è tutto risolto.
Camminiamo per Al Hoceima, è una distesa selvaggia di cemento e la famosa spiaggia non è niente di che, però le falesie chiare a picco sul mare intorno al centro abitato sono molto belle, specialmente quando come ora sono illuminate dalla luna. È stata una giornata squallida  passata in mezzo a gente squallida e corrotta  mi sento rintronato e pieno di rabbia e tanto grato a Serena, sicuramente se non c’era lei io oggi dal commissariato non ci uscivo.
Scendiamo al porto dei pescatori dove cominciano a rientrare le barche che portano un sacco di pesce “bono”, cernie, dentici, orate, corvine, paraghi, saraghi, gallinelle… che vengono vendute nei banchini sul porto, bancarelle rimediate che crescono dal nulla come funghi man mano che le barche arrivano. Ci compriamo un’orata e un saragone e li portiamo dal grigliarolo del porto, intanto stasera si mangia bene poi domani si vedrà.